Di Vittorio Lodolo D’oria
Siamo arrivati a metà 2019 e i casi di Presunti Maltrattamenti a Scuola sono, per il momento, 67, mentre in tutto il 2018 erano stati 47. Quindi, per fine anno, saranno più che raddoppiati. Un fenomeno in drammatica crescita che presenta mille perplessità ma anche una facile risoluzione.
Cerchiamo allora di formulare una serie di domande che ci aiutano a mettere a fuoco la questione.
1) Siamo gli unici in Europa ad affrontare il fenomeno dei presunti maltrattamenti (PMS). È mai possibile che scopriamo improvvisamente di avere (solo noi italiani) un crescente numero di maestre-streghe? E se fosse veramente così (ma non lo è), non potrebbe essere imputabile all’usura psicofisica della professione nonché alle recenti riforme previdenziali al buio (che hanno cioè tralasciato di considerare malattie professionali e anzianità di servizio)?
2) Recentemente la cronaca si è occupata di ben altro tipo di maltrattamenti in una scuola coranica in Toscana, dove si usa comunemente il bastone come metodo correttivo. Trattasi di questione affatto diversa (si possono vedere alcuni casi su youtube) ed eventualmente comparabile alle violenze, subite dagli studenti, documentate da studi scientifici attuati in Cambogia e Uganda.
3) L’introduzione delle telecamere cancella di fatto il “diritto alla riservatezza” sul posto di lavoro che era stato tutelato dall’art.4 dello Statuto dei Lavoratori. La nessuna reazione dei sindacati lascia decisamente sconcertati.
4) Ancora più problematici sono i metodi d’indagine utilizzati nella scuola quando sono avviate inchieste per PMS. Le indagini vengono di fatto affidate – come sopra accennato – a inquirenti non addetti ai lavori non preparati in materia di educazione, istruzione e pedagogia.
5) Le indagini non prevedono tempi contingentati ma vengono protratte a oltranza per svariate centinaia di ore a piacimento e discrezione del GIP. Va da sé che tanto maggiore è il numero di ore registrato, tanto maggiore è la possibilità d’incappare in un gesto di frustrazione e d’impazienza di una maestra che segue una trentina di bambini.
6) Dalle interminabili ore di videoregistrazione nascosta si selezionano, estrapolano e decontestualizzano videoclip considerate “negative” dagli inquirenti. Successivamente si procede al montaggio di un trailer a effetto che talvolta giunge ai media prima che agli stessi indagati.
7) I suddetti filmati vengono trascritti dagli inquirenti non-addetti-ai lavori ricorrendo a interpretazione e drammatizzazione delle scene contestate. I suddetti inquirenti sono, per essere più espliciti, carabinieri, finanzieri, poliziotti municipali o dello Stato: sicuramente ottimi professionisti nel loro settore, ma che nulla conoscono della scuola, né di come si educano fino a 29 bimbi contemporaneamente in età prescolare e tra loro diversi per educazione, razza, età e bisogni affettivi nonché psicologici.
8) I filmati contestati (frutto di selezione “avversa” cioè recanti episodi esclusivamente negativi) rappresentano lo 0,1-0,2% delle videoregistrazioni totali. Ne discende che il 99,9% di tutta l’attività professionale monitorata per interi mesi è del tutto ineccepibile.
9) Nessun giudice (PM, GIP…) guarda per intero le centinaia di ore di audiovideointercettazioni, limitandosi a visionare i trailer e a leggere le trascrizioni degli inquirenti non-addetti-ai-lavori.
10) Quando le testate televisive od online non dispongono ancora delle immagini relative al caso in esame, spesso ricorrono a immagini di repertorio “crude” finalizzate a esasperare le reazioni emotive dell’opinione pubblica.
11) Nonostante tutto l’enorme rumore che accompagna i PMS, non si è mai registrato un solo fatto di sangue o di vera violenza come invece succede frequentemente tra le mura domestiche. A riprova di ciò si vedano i lunghissimi tempi d’indagine che durano mediamente tre mesi e non vengono quasi mai interrotte con arresti in flagranza di reato. In altre parole, la scuola è in assoluto il posto più sicuro che ci sia per i bambini.
12) Non si spiega affatto perché le Istituzioni, i Sindacati, le Associazioni di categoria siano silenti. Rimane incomprensibile perché il Ministero dell’Istruzione resti passivo a questa intrusione del Ministero di Grazia e Giustizia nella scuola. Per non parlare della sciagurata demagogia trasversale di tutto il Parlamento che propone l’installazione a tappeto delle telecamere. Non si è ancora arrivati a comprendere che il problema non sono le immagini, ma chi le interpreta e i metodi d’indagine utilizzati.
13) Si tratta incontestabilmente di indagini a sfondo professionale (i reati ipotizzati agli art. cpp 571-572 sono lì a testimoniarlo). Alcuni magistrati sono arrivati giustamente a concludere che tali questioni non integrano la soglia del penalmente rilevante ma sono di pertinenza disciplinare e, dunque, di competenza del Dirigente Scolastico.
14) La scuola può dunque risolvere da sola, a ragion veduta, il fenomeno dei PMS. Il dirigente scolastico può e deve intervenire tempestivamente in caso di pericolo per i bimbi – cosa impossibile all’A.G. per i suoi tempi biblici – ricorrendo ai numerosi mezzi a disposizione quali l’affiancamento al docente, la sospensione cautelare, l’accertamento medico e via discorrendo.
15) Dopo tutto, è davvero un controsenso affidare a inquirenti non addetti-ai-lavori un delicato procedimento penale in ambiente scolastico, quando una meno impegnativa indagine ispettiva è oggi attribuita a titolati e referenziati ispettori tecnici ministeriali? Che il MIUR si riappropri delle sue competenze restituendo dignità e tutela ai propri operatori.
Ma allora “cui prodest” tutto quanto sta accadendo? Forse ai bimbi?
No di certo per la scarsa rapidità d’intervento nel caso di reale pericolo (ci vogliono mesi per le indagini) e per la perdita delle maestre qualora si trattasse di una bolla di sapone. Alle Forze dell’Ordine? Forse inizialmente nella presunta difesa dei bimbi, ma alla lunga non convince la storia delle maestre-streghe come fenomeno esclusivamente italico, mentre succede ben altro tra le mura domestiche e la criminalità resta il vero nemico pubblico da combattere.
Forse conviene alla giustizia italiana che intasa ulteriormente i tribunali per questioni disciplinari gestibili direttamente dal dirigente scolastico (come avviene propriamente in UK)? O forse tutto avviene per soddisfare quel senso di giustizialismo di un’opinione pubblica forcaiola che ha recentemente goduto per la carcerazione del maestro di Solofra, e delle successive botte da costui ricevute in carcere per le presunte molestie sessuali? Poco importa se poi le molestie non esistevano ed erano frutto di fantasie morbose o proiezioni di chi la scuola non l’ha conosciuta se non come alunno.
Bene ha fatto l’avvocato difensore a chiedere di ricusare gli inquirenti che sono caduti in un madornale errore, ma tale richiesta dovrebbe essere estesa ovunque perché la scuola, nonché la valutazione professionale dei suoi insegnanti (cui per contratto sono richieste numerosissime competenze specifiche – art. 27 CCNL) non può essere affidata a non-addetti ai lavori. Trattasi di questione meramente logica: se devo sostituirmi una valvola al cuore, ricorro al cardiochirurgo e non all’idraulico.
Dunque, per queste maestre e per le loro famiglie (la gogna mediatica non risparmia neppure loro), restano solo l’infamia, le ingenti spese processuali, l’assalto alla diligenza di genitori che, istruiti dai loro avvocati, richiedono risarcimenti faraonici per “violenza assistita” anche se i loro figli non hanno subito direttamente violenze da parte delle insegnanti. A pagare le conseguenze di tutta questa follia è l’intera categoria professionale delle maestre così come la scuola tutta nel suo insostituibile ruolo di seconda agenzia educativa.
La telecamera, invocata a gran voce dalla cultura del sospetto, entra come Trojan Horse nella scuola, tirandosi dietro una serie di presenze ed errori che finiscono col mettere genitori contro insegnanti a scapito delle nuove generazioni. Fermiamoci finché siamo ancora in tempo.
Vittorio Lodolo D’Oria
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