Tre insegnanti torinesi arrestati in Bulgaria per aver soccorso tre migranti: il racconto di una notte drammatica: Una vacanza natalizia si è trasformata in un incubo per tre insegnanti torinesi, Simone Zito, Lucia Randone e Virginia Speranza, arrestati in Bulgaria dopo aver salvato tre migranti in difficoltà. I tre, attivisti del Collettivo Rotte Balcaniche , hanno condiviso la loro drammatica esperienza su Facebook, raccontando dettagli inquietanti sul trattamento ricevuto dalla polizia bulgara e sulla loro notte in cella.
Il soccorso ai migranti: una missione rischiosa
I tre insegnanti, noti per il loro impegno con il Collettivo Rotte Balcaniche, si trovavano in Bulgaria durante le vacanze natalizie con l’intento di fornire assistenza ai migranti che affrontano condizioni estremamente dure lungo il confine. La vigilia di Natale hanno ricevuto una richiesta di aiuto: tre giovani marocchini erano bloccati in un bosco, con temperatura glaciali, senza cibo né possibilità di comunicare. Uno di loro era in condizioni critiche, semi-incosciente e con sintomi di ipotermia.
«Abbiamo preparato tutto in 15 minuti: cibo, vestiti, tè caldo e una borsa di primo soccorso. Siamo usciti immediatamente, cercando di evitare i posti di blocco della polizia di confine, che spesso ostacola il nostro lavoro» ha raccontato Simone Zito. Dopo un lungo e difficile percorso, i tre sono riusciti a raggiungere i migranti. «Uno di loro era in condizioni gravi, gli altri due erano stremati e terrorizzati. Abbiamo fatto di tutto per rassicurarli, spiegando che la nostra presenza avrebbe impedito alla polizia di usare violenza su di loro».
L’arrivo della polizia e le intimidazioni
Dopo aver stabilizzato il giovane in condizioni critiche, gli insegnanti hanno chiamato i soccorsi. Tuttavia, la situazione è degenerata con l’arrivo della polizia di confine bulgara. «Ci hanno fatto aspettare per tre ore sotto la pioggia e la neve, mentre i tre ragazzi erano esausti e infreddoliti, con vestiti e scarpe zuppi d’acqua. Abbiamo chiesto che almeno il più grave potesse ripararsi nella loro macchina, ma ci hanno risposto con sarcasmo: “Non fa freddo. Se ci tenete tanto, dategli una delle vostre giacche”» ha aggiunto Zito. I tre attivisti hanno raccontato di essere stati ripetutamente provocati e intimiditi: la polizia ha chiesto loro i passaporti, sebbene non fossero necessari, e li ha trattenuti per ore, impedendo loro di continuare a prestare soccorso.
L’arresto e la notte in carcere
Dopo lunghe ore di tensione, un ufficiale ha annunciato l’arresto dei tre insegnanti con l’accusa di traffico di migranti. Due di loro sono stati ammanettati e condotti alla stazione di polizia di Malko Tarnovo , dove sono stati trattenuti in una cella sporca e in condizioni igieniche disastrose.
«La stanza era fredda e senza finestre. Quando abbiamo chiesto di andare in bagno, ci hanno portati in un sotterraneo, dove c’erano celle chiuse con pesanti lucchetti e un bagno pieno di sporcizia. L’espressione dei poliziotti era quasi di soddisfazione. Ci hanno provocato con frasi come: “Perché non ci date una macchina o dell’acqua se volete aiutare tanto?”». Nonostante il freddo e le difficoltà, i tre insegnanti hanno continuato a prendersi cura dei migranti anche in cella, cercando di mantenere la loro temperatura corporea stabile con coperte e cibo fornito in precedenza.
Il rilascio e il ritorno alla libertà
Dopo una notte di reclusione, gli insegnanti sono stati rilasciati. «Ci hanno chiesto di firmare documenti in bulgaro, ma ci siamo rifiutati. Siamo certi di aver salvato tre vite e, se questo significa fare una notte in carcere, va bene così» ha concluso Simone Zito nel post. I tre migranti sono stati trasferiti in un centro di detenzione, dove potranno chiedere asilo. Uno di loro, nonostante fosse in condizioni gravi, ha confidato agli insegnanti il suo sogno di raggiungere Torino per lavorare con lo zio macellaio.
La reazione
L’esperienza ha scatenato un’ondata di indignazione sui sociali e tra le organizzazioni umanitarie. Il Collettivo Rotte Balcaniche ha denunciato le condizioni inumane in cui lavorano le forze di polizia bulgare e il trattamento riservato ai migranti e ai soccorritori.Questa vicenda accende nuovamente i riflettori sulle difficoltà dei migranti lungo le rotte balcaniche e sull’ostilità che spesso incontrano coloro che cercano di aiutarli. Un racconto che, nonostante il dramma, dimostra il coraggio di chi è disposto a rischiare tutto per salvare le vite umane.