Da anni, ormai, si continua a parlare degli stipendi dei docenti della scuola pubblica italiana come assolutamente inadeguati rispetto ai ‘colleghi’ degli altri Paesi Europei. Il Governo ha sempre fatto ‘orecchie da mercante’, ancor più negli ultimi anni se si considerano i ritocchi ‘elemosina’ alle buste paga del personale scolastico. Ora, però, è l’Europa ad alzare la voce e a bacchettare l’Italia proprio in merito al comparto istruzione.
UE bacchetta l’Italia sugli stipendi dei docenti italiani troppo bassi
‘Le retribuzioni crescono più lentamente rispetto a quelle dei colleghi di altri paesi, prospettive di carriera più limitate’
Stipendi Docenti, il confronto con l’Europa
Il bassissimo livello degli stipendi del personale della scuola emerge con ancora maggiore evidenza confrontando la situazione dei docenti italiani con quella dei colleghi dei principali paesi europei.
Il confronto di seguito illustrato è un’elaborazione dei dati Ocse tratti dal rapporto “Education at a glance” (2018). Questo rapporto utilizza i dati delle retribuzioni in vigore nel 2017, precedenti all’ultimo rinnovo contrattuale che ha interessato i docenti italiani nel 2018.
Nella prime tre tabelle sono riportati gli stipendi – espressi in euro – dei docenti della scuola primaria (tab. 1), della scuola secondaria di primo grado (tab. 2) e della secondaria di secondo grado (tab.3), in tre momenti significativi dello sviluppo della carriera, ovvero all’inizio, dopo 15 anni di servizio e al culmine della carriera.
Tabella 1
Tabella 2
Tabella 3
Le differenze tra i diversi paesi appaiono evidenti e le retribuzioni dei docenti italiani risultano le più basse sia ad inizio carriera, che dopo 15 anni che al termine della carriera e in tutti gli ordini di scuola.
Le differenze sono molto significative non solo rispetto alla Germania, che è il paese con le retribuzioni più alte, ma anche rispetto a paesi comparabili all’Italia come la Spagna o la Francia.
La distanza tra lo stipendio annuale di un docente italiano e uno spagnolo di scuola superiore all’inizio carriera è di -7.231 euro mentre al culmine della carriera è di -6.417 euro (in termini percentuali -29,10% e -16.50%); la distanza rispetto ad un tedesco è di -28.227 euro (-113,66%) ad inizio carriera e di 37.877 euro (-97,37%) al culmine della carriera.
Notevoli sono anche le differenze nei diversi paesi tra lo stipendio percepito ad inizio e a termine della carriera: per un italiano della scuola media di primo grado la differenza è del 49,7%, per un francese è del 74,2%, per un tedesco è del 31,3% (ma in quest’ultimo caso la retribuzione sia di partenza che terminale è praticamente doppia di quella di un italiano).
Va considerato, inoltre, che in Europa le carriere sono molto più veloci, ovvero per raggiungere il culmine della carriera in Europa ci si impiega mediamente 28 anni rispetto ai 35 anni necessari ai docenti italiani (fonte Eurydice 2016/17).
Al fine di confrontare le retribuzioni reali eliminando le differenze dei livelli di prezzo tra i diversi paesi, l’Ocse fornisce anche i dati degli stipendi calcolati a parità di potere d’acquisto. Nelle tabelle che seguono (tab. 4, tab. 5, tab. 6) sono riportati gli stipendi dei docenti espressi in dollari a parità di potere d’acquisto con riferimento ai diversi ordini di scuola.
Tabella 4
Tabella 5
Tabella 6
Anche in questo caso il divario tra Italia e gli altri paesi è molto considerevole: nel caso di un docente delle scuole superiori al termine della carriera si va da una differenza di -5.889 dollari(-12,24%) rispetto allo stipendio dei francesi, a -13.422 dollari (-27,89%) nei confronti degli spagnoli, a -36.348 dollari (-75,53%) degli olandesi, per culminare a -44.265 dollari (-91,99%) rispetto ai tedeschi.
Il divario è di rilievo anche confrontando gli stipendi italiani con il valore medio delle retribuzioni dei docenti dell’Unione Europea, per cui le retribuzioni italiane differiscono dalla media europea da un minimo di -3.185 dollari (-11,17%) nel caso di un insegnante di scuola primaria ad inizio carriera, ad un massimo di -10.383 dollari (-21,58%) nel caso di un insegnante della scuola superiore al culmine della carriera.
Per concludere. Il percorso di integrazione europea è stato avviato molti anni fa, ma le differenze tra i diversi paesi sono ancora molto evidenti come abbiamo visto nel caso delle retribuzioni dei docenti.
Le responsabilità ovviamente non possono essere attribuite all’Europa ma ai governi dei diversi Stati che poco o tanto hanno ritenuto di investire in istruzione. Ad esempio l’Italia, tra scuola e università, investe solo il 3,6% del PIL rispetto alla media europea del 4,2% (tab.7), così come la spesa pubblica per istruzione in percentuale della spesa pubblica totale è appena del 6,6%rispetto alla media UE dell’8,8%.
Tabella 7
È comunque vero che l’Europa quando si tratta di intervenire per imporre agli Stati membri vincoli e restrizioni in materia di spesa pubblica e bilanci economici è particolarmente esigente e rigida, non lo è altrettanto quando si tratta di promuovere politiche di sviluppo economico e benessere sociale tra i cittadini.
Sarà anche questo il motivo per cui molti ormai vedono l’Europa più come un problema che come una risorsa per il proprio futuro. Ma se l’Europa vuole tornare ad essere una speranza per i suoi abitanti, occorre che cambi rotta e lo faccia presto ridando priorità alle persone, ai loro bisogni e ai loro diritti piuttosto che alle esigenze della finanza e dei mercati.