Nella scuola risorse in calo e più professori in pensione anticipata: «Non ne potevo più di sentirmi nulla» Il malessere profondo dei docenti privi di autorità e inascoltati.
«La nostra competenza è inutile. Non abbiamo più ragion d’essere nonostante siamo trattati da eterni privilegiati”.
La scuola è finita e gli insegnanti si arrendono. Un articolo pubblicato sul portale del ‘Corriere della Sera’ ha messo bene in evidenza le 32.100 richieste inviate dal comparto scuola per il prepensionamento con Quota 100, di cui 18.700 da parte del personale docente, alle quali andranno aggiunti altri 15mila pensionamenti, quelli con i requisiti ordinari.
La testimonianza di un docente di Varese, Paolo Galli, è emblematica. In pensione per scelta, lui insegnante in un liceo milanese, dopo essere stato a lungo precario e docente di sostegno: negli ultimi dodici anni, finalmente, di ruolo.
‘Non ne potevo più, di sentirmi nulla e al tempo stesso di essere considerato un eterno privilegiato – ha spiegato il professore – Ah, voi avete tre mesi di vacanza, e fate gli scioperi a ridosso del ponte. Quante volte me lo sono sentito dire, anche da amici e parenti. Ma il problema più grande è che non so più chi sono, e cosa devo essere’.
Eterni privilegiati a Scuola, ‘Trattati come camerieri maldestri che rovinano l’eterno pranzo di gala dei ragazzi prodigio e delle loro famiglie’
‘Sinceramente, non riesco più a capire – prosegue il docente – Ho frequentato corsi di orientamento formativo che dovevano introdurmi alla “filosofia del merito” e ho un dirigente scolastico, proveniente da un istituto tecnico, che a ogni riunione si raccomanda di bocciare il meno possibile. Ho letto documenti di indirizzo che rappresentavano la scuola come “open space di idee e luogo stimolante di pulsioni lavorative”, e mi sono perso.
Non ho mai guardato nessuno dall’alto in basso, non ho mai voluto essere autoritario. E forse ho sbagliato. Perché ormai sotto ci siamo noi, trattati come camerieri maldestri che rovinano l’eterno pranzo di gala dei ragazzi prodigio e delle loro famiglie. Magari è davvero colpa mia. Quindi, addio‘.
‘Caro prof, dovrebbe imparare a comportarsi da adulto’
Già, poi ci sono i sempre più complicati rapporti con i genitori. «Caro professore, dovrebbe imparare a comportarsi da adulto». L’ultimo ricordo che porterà con sé è l’ennesimo colloquio a distanza con una madre scontenta del voto preso da suo figlio. «L’ho preparato di persona, era in grande forma, quindi la colpa non è sua» gli ha scritto la signora su WhatsApp, aggiungendo che se «almeno 15 alunni su 26» hanno una media bassa nella sua materia, il problema non sono loro”.
“Le competenze non servono, la prima cosa è evitare i ricorsi”
Non è solo la consapevolezza di essere ormai diventato il lato debole del triangolo insegnante-alunno-genitori, quella ormai è agli atti. Anche nella tranquilla Trieste può accadere di vedersi tornare indietro la nota sul diario a un alunno colpevole di avere sparpagliato le sue feci sul gabinetto, con la firma accompagnata da un appunto. «Mio figlio mi ha raccontato una cosa diversa. Dovremo chiarire».
C’è un malessere più profondo, identitario, che colpisce anche chi dal proprio modo di insegnare ha ottenuto riconoscimenti importanti. «Con gli anni realizzi che le tue competenze non servono. E hai sempre meno tempo a disposizione. Mentre parli, dopo dieci secondi ti accorgi che qualche alunno distoglie lo sguardo. Gli effetti dei cellulari, della connessione perpetua. Ma tanto non importa. Perché ormai il lavoro è mirato sulle nostre paure. La prima cosa è evitare i ricorsi, stare attenti al pericolo della culpa in vigilando. E così perdiamo ogni giorno di più la nostra ragion d’essere».