Roma, Orrore all’asilo: “Ti faccio viola e ti butto di sotto” poi soffocava i bimbi col lenzuolo
A chi non riusciva a dormire diceva «ti butto dalla finestra», gli copriva la testa con il lenzuolo e con lo stesso panno arrotolato li percuoteva fino a farli piangere. «Vengo lì e te do un paio di ceffoni». Cazzotti in testa «te la spacco», umiliazioni per far sì che si facessero la pipì sotto. Li afferrava per un orecchio facendogli piegare il capo indietro, strattonava, minacciava: «Ti faccio viola, ti gonfio come una zampogna» e toccando nelle parti intime «questo te lo taglio». Poveri piccoli. Il maestro si voleva riposare così minacciava coloro di cui doveva occuparsi: «Resti lì tutto il pomeriggio, te lego sul letto». L’orrore nel silenzio, è emerso piano piano a Casetta Mattei. Una piccola in particolare impediva al maestro di stare in pace per questo più volte dato che non voleva dormire la afferrava per un braccio, portandola via dal letto e facendola sedere sul banco, il volto verso il muro: «Se svegli tutti ti sbatto tutta la schiena oggi» e riferendosi alle bambole della bambina: «Te le butto al secchio se ti giri».
E ancora, senza pietà. «Non la apro la porta ce stai fino a domani», sapendo che aveva paura della porta chiusa. Soprusi, sculacciate, minacce, botte: un clima di terrore che va oltre la fantasia. I bambini con l’aiuto dei genitori l’hanno raccontato agli agenti della polizia locale di Roma capitale. «Chiudi la bocca sennò ti sbatto fuori dalla classe; se ti addormenti tra mezz’ora come ti addormenti ti sveglio ogni secondo». Ma non è solo questo. Ci sono le percosse: sculacciate e colpi in testa. E minacce lontane anni luce dal ruolo di educatore: «Ti gonfio come una zampogna». Pochi giorni dopo tocca a un bambino costretto a rimanere con il capo riverso sul banco rivolto in una sola direzione. «Così rifletti sulle sciocchezze che dici; vivi in un mondo tutto tuo, non ricordi i giorni della settimana». Il bambino non vorrà più andare a scuola. Più volte il maestro percuoterà il piccolo, e non solo lui, spingendogli il capo indietro e provocando la reazione: «Aiah, la testa me la spezzi» e lui urlando nelle orecchie del bambino: «… a calci… non mi interrompere, non mi rispondere che te faccio volà fuori dalla scuola». Una triste e lunga giornata. Il piccolo che si lamenta: «Mi fa male… ahia» e il maestro a fargli il verso: «uh uh uh so’ lacrime di coccodrillo» obbligandolo a dormire sul banco «non devi dà fastidio, non vuoi dormì? Non dormì però stai giù come gli altri! No che io non posso pijà na boccata d’aria…».