Il caso di Cosenza ei rapimenti di neonati in Italia: una storia che sconvolge e riporta alla luce vicende simili. Il caso della piccola Sofia , la neonata rapita in una clinica di Cosenza da una finta infermiera e dal marito, ha scosso profondamente l’opinione pubblica. I due, dopo aver finto una gravidanza durata nove mesi, hanno portato la bambina nella loro casa vestendola di azzurro, fingendo fosse un maschietto. Per i genitori biologici della piccola, vedersi strappare il proprio figlio appena nato è stato un incubo che nessun genitore vorrebbe mai vivere. Sebbene i rapimenti di neonati siano episodi rari in Italia, ci sono precedenti nel nostro Paese che evocano storie simili, talvolta con esiti felici, altre volte avvolte da mistero e dolore.
I numeri delle scomparse: un problema ancora attuale
Secondo i dati della Relazione del Commissario del Governo per le persone scomparse, nel 2023 sono state registrate 29.315 denunce di scomparsa , di cui 21.951 riguardano minorenni . Tra queste, 4.416 casi coinvolgono bambini e ragazzi italiani, mentre le altre riguardano minori stranieri. Questi numeri evidenziano come il fenomeno delle scomparse, pur non essendo all’ordine del giorno, sia tutt’altro che trascurabile.
Casi celebri: Denise, Angela, Kata e le misteriose sparizioni
La storia di Sofia richiama alla memoria altre scomparse che hanno segnato l’Italia. Tra queste, il caso di Angela Celentano , sparita durante una gita sul Monte Faito, nel napoletano, l’ 11 giugno 1993 , e quello di Denise Pipitone , svanita a Mazara del Vallo il 1° settembre 2004 . Più recente è la drammatica vicenda di Kata , la bambina scomparsa il 10 giugno 2023 a Firenze, il cui destino rimane ancora avvolto nel mistero.
Anche le storie di Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi , entrambe adolescenti scomparse nel 1983 , rappresentano casi emblematici di cui si continua a discutere. Le loro vicende, colme di intrighi e misteri, restano irrisolte da oltre 40 anni.
Rapimenti risolti: storie di speranza
Tra i rapimenti finiti con un lieto fine, si ricordano i casi di Faruk Kassam e Augusto De Megni . Faruk, rapito a soli 7 anni dall’Anonima sequestri sarda nel 1992 , fu liberato dopo mesi di prigionia, nonostante fosse stato mutilato a un orecchio. Anche Augusto De Megni, sequestrato nel 1990 a 10 anni, fu liberato l’anno successivo. Anni dopo, Augusto divenne noto per aver partecipato e vinse la sesta edizione del Grande Fratello , confermandosi un simbolo di resilienza.
Il caso di Nocera Inferiore: una storia simile a quella di Cosenza
Un caso inquietantemente simile a quello di Sofia avvenne nel 2010 a Nocera Inferiore . Annarita Buonocore , un’infermiera di 42 anni, si finse operativa in ospedale e rapì il piccolo Luca, un neonato di appena quattro ore. Dopo ore di angoscia, il bambino fu ritrovato e restituito ai genitori. La donna, che aveva perso il proprio bambino per un aborto spontaneo, raccontò di aver compiuto il gesto per riempire il vuoto lasciato dalla perdita. Nonostante l’inquietudine e il dolore, i genitori del neonato scelsero di perdonarla. «Mi spiace molto per questa persona, probabilmente non sta bene. Non la odio, anzi, la perdono» , dichiarò la madre.
Altri precedenti: rapimenti nei decenni passati
Il rapimento di neonati non è una realtà nuova in Italia. Nel 1983 , a Catanzaro, una donna entrò nel reparto di ostetricia e portò via un neonato, che fu ritrovato poche ore dopo a Vibo Valentia. Nello stesso anno, a Pavia, una donna rapì un neonato di sei giorni, nascondendolo in un hotel di Garlasco, dove fu fermata.
Nel 1996 , ad Alzano Lombardo, un neonato fu sottratto dalla scuola materna dell’ospedale, ma fu ritrovato il giorno seguente sul sagrato di una chiesa a Nembro. Più di recente, nel 2009 , una 17enne russa rapì un neonato di quattro giorni a Bologna, dopo aver seguito i genitori fino al loro alloggio. Anche in questo caso, il bambino fu ritrovato sano e salvo.
Il lato oscuro: i casi irrisolti
Non tutte le storie hanno un lieto fine. Nel 1979 , un neonato di due giorni scomparve dal nido dell’ospedale di Ventimiglia e non fu mai più ritrovato. Il suo caso, avvolto nel mistero, rimane uno dei più dolorosi nella cronaca italiana.
Una vicenda che lascia il segno
Il caso di Sofia riporta alla luce ferite mai del tutto guarite e sottolinea l’importanza di sistemi di sicurezza più rigorosi negli ospedali e cliniche. Anche se la bambina è stata ritrovata, il trauma per i genitori e l’intera comunità rimane indelebile. La speranza è che queste esperienze possano servire da lezione per evitare che tragedie simili si ripetano in futuro.