Il tribunale di sorveglianza di Firenze ha respinto la richiesta di scarcerazione della professoressa di Prato , condannata a 6 anni, 5 mesi e 13 giorni per aver abusato per un anno e mezzo del minore a cui impartiva ripetizioni private di inglese e dal quale ebbe un figlio nel 2017. Nonostante il parere favorevole della procura generale, i giudici hanno deciso di negare la detenzione domiciliare e l’affidamento in prova ai servizi sociali, richiesti dai legali della donna, Mattia Alfano e Massimo Nistri
Le motivazioni della decisione
La notizia è stata riportata dal quotidiano La Nazione , che ha rivelato le motivazioni dei giudici. «Nella donna prevale un aspetto narcisistico della sua personalità. Pur comprendendo di aver sbagliato, non coglie fino in fondo la prospettiva del ragazzo e il danno inflitto»
Secondo la psicologa che l’ha incontrata, l’ex professoressa fatica ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni, continuando a giustificarsi e vedendosi come vittima della sua stessa vittima. «La vicenda è grave e tutti noi la conosciamo. Le frasi irrevocabili sono un fatto storico su cui non si può tornare indietro. Tuttavia, il tribunale di sorveglianza non dovrebbe rivedere i fatti, ma valutare il percorso del detenuto», ha dichiarato l’avvocato Mattia Alfano, esprimendo delusione per la decisione.
L’avvocato ha anche sottolineato come la richiesta di scarcerazione fosse motivata dalla necessità di tutelare il rapporto tra la donna e il figlio minore di 7 anni , in base alla normativa che prevede misure alternative alla detenzione per i genitori di bambini sotto i 10 anni. «Non si chiede nulla di straordinario, solo di poter contribuire alla crescita del figlio. La misura poteva essere applicata già a novembre, ma il bambino è stato privato della madre, persino per la recita di Natale» , ha aggiunto Alfano.L’istanza e la decisione del tribunale
La richiesta di affidamento ai servizi sociali era stata presentata per garantire una continuità affettiva tra la donna e il figlio minore, basandosi sul principio che la permanenza in carcere di un genitore non dovrebbe compromettere lo sviluppo armonico del bambino. Il tribunale ha però concesso solo permessi premio che consentiranno alla donna di incontrare i figli in specifici momenti e partecipare a un percorso di sostegno psicologico e familiare. La decisione è stata presa in collaborazione con il tribunale dei minori, che segue il caso del bambino nato dalla relazione tra la donna e la sua vittima.
La situazione familiare oggi
L’ex insegnante ha due figli, di 16 e 7 anni, entrambi affidati al marito, che ha deciso di riconoscere anche il figlio minore, sebbene il padre biologico sia il ragazzo vittima degli abusi. Nel 2019, il caso aveva scosso l’opinione pubblica a livello nazionale, sollevando polemiche anche sul ruolo del marito, che ha deciso di restare accanto alla moglie nonostante lo scandalo. Oggi la coppia appare unita, con il marito che ogni sabato mattina accompagna i figli ai colloqui in carcere. L’unico altro contatto tra la donna ed i figli è una videochiamata settimanale dal carcere .
Un caso ancora controverso
Il caso della proff di Prato continua a essere oggetto di discussione sia sul piano giuridico che su quello sociale. La difesa potrebbe ricorrere in Cassazione, per contestare la decisione del tribunale di sorveglianza. Le autorità vogliono garantire il benessere del bambino minore, valutando l’equilibrio tra il diritto alla maternità della donna e la gravità del reato commesso. L’opinione pubblica resta divisa, tra chi ritiene che la pena sia giusta e chi pensa che il figlio minore debba poter crescere con la madre. La vicenda solleva interrogativi etici e giuridici: può un genitore detenuto ottenere misure alternative per garantire il benessere del proprio figlio, anche se colpevole di reati così gravi? Il dibattito è aperto, e la decisione della Cassazione potrebbe rappresentare una svolta nel caso