Martina Ciontoli e la nuova vita tra i fantasmi del passato
Ma a pagare non fu solo Antonio Ciotoli. Partiamo dalla ex di Marco, Martina Ciontoli. La ragazza fu condannata per il suo coinvolgimento nell’omicidio. Anche se Martina non sparò il colpo che uccise Marco, la sua responsabilità fu legata al fatto che, insieme alla sua famiglia, contribuì a coprire la verità sull’incidente e a ritardare l’intervento dei soccorsi, nonostante le gravi condizioni in cui si trovava Marco.
Nel 2019, Martina fu condannata a 3 anni di reclusione in primo grado per «omissione di soccorso» e «favoreggiamento», insieme ad altri membri della sua famiglia. Nonostante le sue azioni non fossero direttamente legate all’omicidio, la Corte ritenne che Martina avesse contribuito a nascondere la verità e a ritardare il soccorso a Marco, consentendo che il giovane rimanesse in condizioni critiche per troppo tempo prima che arrivassero i soccorsi.
La sua condanna fu confermata in appello, ma nel 2021 la Corte di Cassazione annullò alcune delle decisioni, riaprendo la possibilità di una revisione del caso. Questo portò a nuove udienze e al rafforzamento delle accuse contro di lei, dato che la sua azione di non aver chiamato immediatamente i soccorsi ebbe un ruolo significativo nelle circostanze che hanno contribuito alla morte di Marco. Pertanto, Martina Ciontoli si trova attualmente in prigione, nella casa circondariale, con l’accusa di non aver impedito l’accaduto e di aver coperto la verità.
Nel mese di gennaio, Martina è uscita dal carcere. Il motivo? Il magistrato di sorveglianza, confrontandosi anche con il centro di detenzione di Rebibbia, prigione in cui sta scontando la sua pena Ciontoli, le ha accordato di andare a lavorare, per poi fare ritorno in cella la sera. Si tratta del bar della scuola superiore per l’Educazione penale «Piersanti Mattarella», gestita dal ministero della Giustizia. Lavora nei giorni feriali, mentre la sera fa ritorno in prigione. Come riporta Il Messaggero, Ciontoli è impegnata in un turno di 7 ore al giorno, dalle 7:30 alle 14:30. Ciò è stato possibile in primis per la buona condotta della detenuta e poi perché ha scontato un terzo della pena di 9 anni e 4 mesi a cui è stata condannata. Una semilibertà che ha fatto infuriare Marina Conte, la madre di Marco, che non ha mai ricevuto una parola di scuse da parte della ragazza. «Non credo meriti di essere considerata un modello, non ci ha mai scritto, mai un segno di pentimento», ha detto la signora Vannini. «Chi ama davvero non lascia morire chi dice di amare. E Martina lo ha fatto».
La villa dell’orrore all’asta
Nel 2024 la villetta di Ladispoli dove si è consumato il dramma è stata messa in vendita all’asta. Un annuncio che ha riacceso l’indignazione pubblica: tra le foto della casa in vendita, anche il bagno dove Marco fu colpito dal proiettile. Un gesto che molti hanno considerato di cattivo gusto. Tuttavia, il ricavato della vendita andrà come risarcimento alla famiglia Vannini, che da anni si batte per ottenere giustizia. Fuori dalla casa una targa, voluta dal Comune di Ladispoli, recita: «Chi diceva di amarti ti ha lasciato morire, ma nessuno farà mai morire il nostro amore per te. Mamma e papà».
L’eco di una morte che non smette di fare rumore
Nel tempo, il caso Vannini è diventato simbolo di una giustizia che a volte arriva in ritardo, ma che può ancora ridare dignità a una vita spezzata. Ogni anniversario, ogni compleanno di Marco è l’occasione per rinnovare il dolore, ma anche per ricordare chi era: un ragazzo solare, sportivo, pieno di sogni, che non ha fatto in tempo a diventare uomo.
Marina Conte e Valerio Vannini non hanno mai smesso di lottare. Hanno portato il caso di Marco nei tribunali, nei talk show, nelle scuole, con un’unica missione: fare in modo che quanto accaduto non capiti mai più. «Non si può morire così a vent’anni e poi vedere i colpevoli vivere come se nulla fosse» dice oggi Marina. E la sua voce resta, ogni anno, un grido che non si spegne.
Marco Vannini avrebbe compiuto 30 anni. E invece il tempo per lui si è fermato a una notte di maggio. Il ricordo però, quello no. Vive nei cuori di chi lo amava e di chi, anche senza conoscerlo, ha imparato a volergli bene.