Mobilità docenti, Nuova sentenza cambia tutto: Figli minori priorità rispetto a 104.
Con provvedimento collegiale il Tribunale di Cagliari ha riformato l’ordinanza emessa dal giudice di prime cure ( cronol. 6945/2019 del 21/05/2019) leggi qui e riconosciuti il diritto della docente in servizio a Cagliari di assere assegnata per tre anni presso la sede ove si trovava il minore di anni tre.
a cura dell’Avv. Giancarlo Visciglio del Foro di Lecce, Educazione & Scuola, 24.7.2016
I benefici previsti dall’art. 42-bis d.lgs. 151/01 in materia di ricongiungimento familiare sono fruibili anche dal docente con figli di età inferiore a 3 anni.
A pochissimi giorni dalla pubblicazione dei trasferimenti e dell’apertura dei termini per la presentazione delle domande di assegnazione provvisoria – “ultima spiaggia” per chi, all’esito dei primi, non avrà ottenuto una sede che permetta di far fronte alle esigenze della propria famiglia – per i docenti con figli di età inferiore a tre anni si presenta una possibilità in più che si affianca, senza sostituirla, all’assegnazione provvisoria del personale docente, educativo ed A.T.A. disciplinata dal vigente Contratto Collettivo il quale, come noto, li colloca tra le ultime posizioni, dopo i beneficiari della L. 104/92, con chance di accoglimento delle relative istanze spesso pressoché nulle.
I Tribunali di tutta Italia, da Lecce a Sondrio, passando da Roma, Milano, Salerno, Perugia, Mantova, Verona, Monza, Ivrea, Lucca, Siena, ecc., con decine di ordinanze, molte delle quali collegiali, rese in favore di docenti patrocinate dallo scrivente avvocato, hanno ormai definitivamente sancito il diritto del docente con figli di età inferiore a tre anni, ai sensi e per gli effetti dell’art. 42bis D.lgs. 151/01, di godere della c.d. “assegnazione temporanea” per un periodo della durata complessiva non superiore a tre anni, presso una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa,subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e di destinazione.
L’ultima ordinanza favorevole è stata resa il 21 maggio 2019 dal Tribunale di Cagliari, che ha condannato il M.I.U.R. a disporre l’assegnazione temporanea triennale di un’insegnate, ai sensi dell’art. 42-bis del d.lgs. n. 151/2001, accogliendo il ricorso d’urgenza con cui la stessa, si era vista negare il ricongiungimento familiare nella provincia ove l’altro genitore del bambino prestava l’attività lavorativa.
La pronuncia, che segue precedente ordinanza collegiale che aveva definito i confini della fruibilità del beneficio nel comparto scuola, chiude una vicenda giudiziaria lunga e travagliata iniziata nel settembre 2015. Il caso posto all’attenzione del Tribunale ha visto protagonista, suo malgrado, un’insegnante di scuola primaria, titolare in provincia di Torino e madre di un bimbo di età inferiore a tre anni, che aveva richiesto di poter essere assegnata a prestare servizio per tre anni, come previsto dalla norma, ad una sede ubicata nella provincia di Catania ove il padre del bambino svolgeva la propria attività lavorativa. Per quanto le ragioni sottese all’istanza presentata fossero evidentemente di assoluto rilievo e la docente fosse in possesso di tutti i presupposti previsti dalla legge (essendo assunta a tempo indeterminato, avendo un figlio di età inferiore a tre anni ed essendo, ovviamente, abilitata all’insegnamento), il M.I.U.R. non dava accoglimento all’istanza, omettendo persino di comunicare le obbligatorie ragioni del dissenso.
La docente, pertanto, proponeva ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. innanzi al Giudice del Lavoro del Tribunale di Torino il quale, con l’ordinanza in commento, ha stabilito che le ragioni di tutela del diritto al ricongiungimento familiare e all’assegnazione temporanea fossero prevalenti sulle esigenze di servizio della pubblica amministrazione.
Lavoratrici madri e lavoratori padri dipendenti del comparto scuola della Pubblica Amministrazione, dunque, oltre alla domanda di assegnazione provvisoria, possono presentare l’ulteriore e diversa domanda di assegnazione temporanea, disciplinata dall’art. 42 bis del D.Lgs. 151/2001.
UN OCCHIO ALLA LEGGE
(a cura dell’avv. Giancarlo Visciglio del Foro di Lecce – tratto dal sitowww.avvocatovisciglio.it)
L’ASSEGNAZIONE TEMPORANEA DEL PUBBLICO DIPENDENTE
AI SENSI DELL’ART. 42 BIS DEL D.LGS. 151/01.
Il Decreto Legislativo n. 151/2001 [“Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità”], nel disciplinare “i congedi, i riposi, i permessi e la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori connessi alla maternità e paternità di figli naturali, adottivi e in affidamento, nonché il sostegno economico alla maternità e alla paternità”, reca in sé un complesso di norme davvero importante per la tutela e il sostegno della famiglia.
Una delle più rilevanti, anche alla luce della durata del beneficio che è in grado di assicurare, è certamente quella contenuta nell’art. 42 bis in cui il Legislatore, recependo le direttive comunitarie dirette atutelare l’istituto della famiglia, ha previsto che: “1. Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L’eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali. L’assenso o il dissenso devono essere comunicati all’interessato entro trenta giorni dalla domanda. 2. Il posto temporaneamente lasciato libero non si renderà disponibile ai fini di una nuova assunzione.”.
La norma rientra inequivocabilmente tra quelle poste a tutela dei valori inerenti la famiglia e, in particolare, la cura dei figli minori in tenerissima età con entrambi i genitori impegnati in attività lavorativa, assicurati dagli art. 29, 30, 31 e 37 della Costituzione i quali, nel postulare i diritti-doveri dei genitori di assolvere gli obblighi loro assegnati nei confronti della prole, promuovono e valorizzano gli interventi legislativi volti a rendere effettivo l’esercizio di tale attività.
Lungi dal mirare a riconoscere un beneficio al lavoratore, dunque,nell’esclusivo interesse del minore, vero soggetto debole della tutela, l’art. 42 bis D.lgs. n. 151/2001 ha la finalità precipua di favorire il ricongiungimento di entrambi i genitori ai figli ancora in tenera età e la loro contemporanea presenza accanto ad essi nella fase iniziale della loro vita, garantendo, in tal modo, la massima unità familiare e salvaguardando esclusivamente le esigenze organizzative e funzionali della P.A., allorché pone quale condizione di applicabilità del beneficio la “… sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva”.
Il prodotto della volontà legislativa è stato quindi un istituto volto a garantire il diritto del figlio sia naturale che adottivo a godere dell’assistenza materiale e affettiva di entrambi i genitori durante i primi anni di vita, come tradito anche dal fatto che la norma è contenuta nell’ambito del Testo Unico in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, nel contesto della c.d. legge sui congedi parentali (L. 8.3.2000 n 53).
Ambito di applicazione
Il richiamo della norma alle “amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni”, fa sì che del beneficio possano goderne i dipendenti di tutte le amministrazioni dello Stato e, pertanto, tutti i dipendenti di:
- ministeri della Repubblica Italiana e loro articolazioni territoriali (ad es. motorizzazione civile, direzioni territoriali del lavoro, ufficio scolastico regionale ecc.);
- istituti e scuole italiane di ogni ordine e grado, istituzioni universitarie (università e scuole superiori universitarie);
- aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo (aziende autonome);
- regioni, province, comuni, comunità montane e loro consorzi e associazioni;
- enti pubblici di ricerca, istituti autonomi case popolari, camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni;
- tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali (es.: ACI e ARPA);
- amministrazioni, aziende sanitarie locali ed enti del Servizio sanitario nazionale;
- Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e agenzie fiscali di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (es.: agenzia delle dogane e dei monopoli, agenzia del territorio, agenzia del demanio, agenzia delle Entrate).
Presupposti
Il beneficio dell’assegnazione temporanea disciplinato dall’art. 42 bis del D.Lgs. 151/01 può essere richiesto in presenza dei seguenti presupposti soggettivi in capo al richiedente:
- essere dipendente a tempo indeterminato di una P.A.;
- essere genitore di un bambino di età inferiore a tre anni e avanzare l’istanza prima del compimento del terzo anno di vita del figlio; sul punto si evidenzia che la norma è pienamente applicabile anche ai genitori affidatari ed adottivi, ai sensi dell’art. 45 del D.Lgs 151/01, a condizione che l’istanza venga presentata entro i primi tre anni dall’ingresso del minore nella famiglia, indipendentemente dall’età dello stesso;
- essere in possesso della professionalità corrispondente al posto da ricoprire (ad es., l’insegnate abilitata all’insegnamento nella scuola dell’infanzia, non potrà richiedere l’assegnazione temporanea nella scuola primaria).
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Dal punto di vista oggettivo, altresì, l’accoglimento dell’istanza è subordinato alla verifica della sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva ed all’assenso delle amministrazioni di provenienza e di destinazione. L’istanza, per questo, dovrà essere inoltrata sia all’amministrazione di provenienza (per il rilascio del nulla osta) che a quella di destinazione (per l’adozione del provvedimento di accoglimento).
Durata del beneficio
La norma prevede che “Il genitore con figli minori fino a tre anni … può essere assegnato … per un periodo complessivamente non superiore a tre anni….”.
È evidente, pertanto, che il beneficio possa estendersi al massimo per tre anni. Ciò è stato chiarito dal Dipartimento della Funzione Pubblica che con parere 192 del 4 maggio 2004, ha chiarito l’inciso“Il genitore con figli minori fino a tre anni …” indica il requisito soggettivo dell’età del bambino, entro il quale può essere richiesto il beneficio, laddove invece quello “per un periodo complessivamente non superiore a tre anni…” indica la durata massima che lo stesso potrà avere indipendentemente dall’età del minore.
Diritto soggettivo o interesse legittimo?
Secondo la Giurisprudenza dominante, l’art. 42 bis, in deroga a qualsivoglia ulteriore configgente portato normativo, con l’unico limite obiettivo della disponibilità di posti ed in presenza degli specifici requisiti soggettivi, configura in capo al lavoratore richiedente un diritto soggettivo non assoluto e incomprimibile, ovvero, “diritto condizionato”, quello che la giurisprudenza amministrativa in materia qualifica come “interesse legittimo” cedevole di fronte a riconosciute superiori esigenze organizzative dell’Amministrazione, identificabili con il buon andamento del servizio (Tar Lazio-Roma, sez. I quater, 22.3.2007, n. 2488).
Tale inquadramento ha visto d’accordo anche tutta la Giurisprudenza del Lavoro che, implicitamente o esplicitamente, nell’esaminare le istanze avanzate dallo scrivente in favore di insegnanti e personale amministrativo del comparto scuola della P.A., da Sondrio a Lecce, si è posta sulla stessa linea.
Certamente non si è di fronte ad una mera facoltà in capo all’amministrazione di concedere discrezionalmente il trasferimento di sede, alla luce del principio di completezza dell’ordinamento giuridico che non ammette vuoti normativi né norme inutili o ridondanti. Ed infatti, pur utilizzando, il legislatore, l’espressione “il genitore… può essere assegnato”, non può essere taciuta la necessità di attribuire alla norma una qualche utilità, un “quid pluris”che altrimenti verrebbe a mancare, se si lasciasse il lavoratore in balia della discrezionalità della P.A. di concedere il consenso in presenza degli altri requisiti (età del figlio, presenza del posto in organico). Ciò è tanto più ragionevole ove si consideri che, se non fosse riconosciuta all’art. 42 bis la portata di un vero e proprio diritto soggettivo, nei limiti anzidetti, la norma non avrebbe una effettiva utilità nell’ambito dell’ordinamento. Anche senza la disposizione in parola, infatti, ben potrebbe il datore di lavoro accordare, su richiesta del lavoratore, l’assegnazione temporanea, sulla scorta dei propri poteri di organizzazione del personale (poteri che già gli erano riconosciuti certamente prima della novella), senza perciò dover essere vincolato ad un precipuo obbligo.
Del resto, pare evidente che, anche aderendo a quella minoritaria Giurisprudenza che ritiene sussistere in capo alla P.A. una mera facoltà di accogliere o meno l’istanza, tale facoltà avrebbe bisogno di ben precisi limiti, consistenti nel carattere non arbitrario e strumentale delle decisioni, affinché il vaglio della stessa non si risolva nell’esercizio da parte della P.A. di un potere meramente discrezionale, affrancato da qualsiasi controllo e sindacato anche da parte del Giudice. In questa direzione conduce l’onere di motivare il diniego posto dall’art. 42 bis in capo alla P.A., di modo che, verificata la congruenza e consistenza delle motivazioni addotte, l’interessato, prima, ed eventualmente l’organo giurisdizionale, poi, possano verificare la correttezza del suo operato.
A ciò si aggiunga che la norma è stata recentemente oggetto di importantissima modifica che rende ancora più ristretto lo spatium deliberandi del dissenso che la P.A. può opporre rispetto all’assegnazione temporanea.
L’art. 14, comma 7, della Legge 7 agosto 2015, n. 124, in vigore dal 28.8.2015, ha infatti modificato il primo comma dell’art. 42-bisinserendo, in coda all’inciso “L’eventuale dissenso deve essere motivato” già contenuto nella vecchia formulazione della norma, il seguente: “e limitato a casi ed esigenze eccezionali”.
La modifica, che bilancia in maniera evidente a favore del lavoratore la ponderazione di interessi che il datore di lavoro può compiere nel momento in cui individua ostacoli all’esercizio della prerogativa di riunione del nucleo familiare che la disposizione tende a favorire, pertanto, comporta non solo che la motivazione dovrà essere seria, ragionevole e verificabile e non mera formula di stile (ex plurimis: Trib. di Roma, ord. Coll. 8/8/2013), ma che dovrà anche esprimere esigenze realmente eccezionali, tali da giustificare il sacrificio dell’interesse, anch’esso costituzionalmente protetto, ma oggi certamente preponderante, alla tutela del nucleo familiare, e non potrà più essere identificato col mero disagio, ma con l’effettivo vero e proprio pregiudizio all’attività della p.a..
Conclusioni
La finalità del Legislatore di favorire il ricongiungimento di entrambi i genitori ai figli ancora in tenera età e la loro contemporanea presenza accanto ad essi nella fase iniziale della loro vita, richiederebbe, da parte delle PP.AA., un’attenta analisi delle istanze e, conseguentemente, una motivazione congrua e seria, idonea a far sì che il minore, soggetto debole cui si è inteso assicurare tutela, non venga ingiustamente privato dell’affetto e delle cure dientrambi i genitori.
Purtroppo, ancora oggi, non sono pochi i casi in cui le amministrazioni esitano negativamente le istanze, ricorrendo spesso a motivazioni sterili e formule vuote. Occorre pertanto non accettare passivamente le immotivate (o mal motivate) decisioni della PA, impugnandole davanti Giudici del lavoro ed amministrativi che, per fortuna, le hanno sin qui pesantemente censurate non poche volte. Da questo punto di vista, lo sforzo profuso dallo scrivente nella specifica questione, da ché è stata affrontata per la prima volta e sino ad oggi, è stato sempre massimo e tale continuerà ad essere, patrocinando e presenziando personalmente alle udienze di fronte all’organo Giudicante al fine di assicurare il maggiore sforzo per il raggiungimento dell’obbiettivo finale.
Modalità di presentazione della domanda di mobilità
La presentazione è subordinata, dal punto di vista soggettivo, alla sussistenza dei seguenti presupposti:
- che l’istante sia docente, educatore o A.T.A. con contratto a tempo indeterminato;
- che l’istanza venga inoltrata prima del compimento del terzo anno di vita del figlio;
- che l’istante sia in possesso della professionalità corrispondente al posto da ricoprire (nel senso che, ad es., chi ha conseguito l’abilitazione all’insegnamento nella scuola dell’infanzia, non potrà richiedere l’assegnazione temporanea nella primaria, ecc.).
Dal punto di vista oggettivo, altresì, l’accoglimento dell’istanza di mobilità è subordinato alla verifica della sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva ed all’assenso delle amministrazioni di provenienza e di destinazione. L’istanza, per questo, andrà inoltrata sia all’USP della o delle province presso cui si intende essere assegnati che a quello di titolarità per il rilascio del nulla osta.
L’Istanza, infine, dovrà essere corredata da:
- dichiarazione sostitutiva di certificazione dello stato di famiglia (a firma dell’istante);
- dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (a firma del coniuge) che attesti l’attività esercitata e la provincia in cui viene svolta (in alternativa, può essere presentata dichiarazione a firma del datore di lavoro).