Merendine al veleno: L’allarme: “In queste marche famosissime sostanze che provocano danni agli organi”. Se pensate che gli unici nemici per la salute di snack al cioccolato e ai cereali fossero le calorie, lo zucchero e i grassi vi sbagliate di grosso. Ce ne sono due invisibili, nascosti e in quanto tali molto più pericolosi. Stiamo parlando degli idrocarburi degli oli minerali, conosciuti con le sigle Mosh e Moah.
Se le istituzioni ancora sottovalutano il pericolo – e fanno poco, forse niente, per tenerlo a bada – le analisi che Il Salvagente presenta nel numero in edicola da oggi hanno escluso la presenza di Moah ma, allo stesso tempo, hanno evidenziato una contaminazione diffusa di Mosh. In 20 snack su 29 sono state rilevate quantità misurabili di idrocarburi saturi di oli minerali: da 0,50 a 129 mg/kg.
Mosh e Moah: tutti (o quasi) tacciono
Molte, poche? Non chiedetelo alle agenzie comunitarie per gli alimenti né, tantomeno, alla Commissione europea perché ad oggi non c’è una regolamentazione che ne fissi i limiti massimi negli alimenti. E allora per valutare i nostri prodotti ci siamo affidati alle indicazioni dell’Autorità tedesca di controllo alimentare degli Stati federali secondo cui la quantità di Mosh non deve superare i 9 mg/kg.
Se volessimo essere maggiormente prudenti dovremmo considerare anche che le poche agenzie che finora si sono occupate del rischio di migrazione (insieme alla citata autorità tedesca c’è anche quella belga) sottolineano che questi due idrocarburi degli oli minerali non dovrebbero essere mai presenti negli alimenti destinati ai bambini. Se è vero che da un punto di vista strettamente normativo i prodotti che abbiamo analizzato non possono essere definiti “baby food” è anche vero che i principali consumatori di questi alimenti sono proprio i bambini.
Le Merendine testate dal Salvagente
Nelle nostre analisi sono finiti molti dei prodotti più amati dai bambini. In particolare: Bounty, Esselunga CheJpy, Ferrero Duplo Nocciolato, Kellogg’s Coco Pops, Kinder Bueno, Kinder Cards, Kinder cereal, Kinder fetta al latte, Kinder fetta allo yogurt, Kinder Maxi, Kinder Maxi King, Kinder Pinguì, Kinder Sorpresa, Kit Kat, Loacker choco&milk cereals, Milbona snack al latte (Lidl), Milk snack al cacao (Todis), Milk snack con cacao Europin, Nesquik snack cacao, Nestlè Nesquik maxi choco, Nutella B-ready, Oreo Original, Oro Ciock Super Heroes, Pavesi Ringo Goal , Pavesi Ringo sbagliato, Pavesi Ringo Vaniglia, Perugina Lingotto, Plasmon merendina al latte, Twix.
Il Top E il Flop:
Secondo il Salvagente Le merendine che superano brillantemente il Test sono Pavesi Ringo Sbagliato, Nesquick MAxi Choco e fortunatamente anche il must per i bambini ovvero gli ovetti Kinder sorpresa e Kinder Maxi. Tutte le altre a seguire. Solo una comunque supera la cifra indicata dall’agenzia tedesca di limite massimo. E lo supera anche di molto. Si tratta dei Loacker Choco&Milk Creals in cui la presenza di Mosh, secondo il Salvagente è di 129 mg.
E i rischi in queste merendine?
Sui potenziali rischi che si corrono ci sono più certezze. Secondo l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, e l’Istituto federale tedesco per la valutazione dei rischi (BfR), Mosh e Moah hanno un diverso potenziale tossicologico. I primi possono essere facilmente assimilati dall’organismo e accumularsi nei tessuti adiposi: in esperimenti con ratti hanno portato a danni in alcuni organi.
L’assunzione di Moah, invece, dovrebbe essere generalmente evitata in quanto si tratta di “un potenziale cancerogeno”. Nonostante questo, ad oggi non si registrano iniziative legislative che prevedono limiti stringenti alla migrazione: nel 2017 la Commissione europea ha chiesto agli Stati membri un monitoraggio sulla presenza dei due idrocarburi degli oli minerali. A due anni di distanza ancora non se ne conoscono gli esiti.
La Francia è stato l’unico Stato che ha dimostrato di non prendere sotto gamba il pericolo confermando – dopo aver condotto le analisi – la contaminazione di alcuni latti in polvere dell’infanzia scoperta dalla locale sede di Foodwatch. Eppure, come ci ha spiegato nel lungo servisio di copertina del giornale Luciano Piergiovanni, docente di Scienze e tecnologie alimentari, se solo volessimo avremmo gli strumenti per ridurre al minimo i rischio
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