Liliana Resinovich è stata uccisa il giorno stesso della sua scomparsa, il 14 dicembre 2021. È questa la conclusione del collegio peritale composto dalla Prof.ssa Cristina Cattaneo, dal Dott. Stefano Tambuzzi, dal Prof. Stefano Vanin e dal Prof. Biagio Eugenio Leone. L’ex dipendente regionale non si sarebbe tolta la vita, ma sarebbe stata aggredita e soffocata, forse mentre era già in uno stato di semi-incoscienza causato proprio dall’aggressione.
Secondo i periti, la donna è stata uccisa mediante asfissia meccanica esterna, ovvero tramite occlusione di naso e bocca. Si legge nella perizia: “La causa di morte della sig.ra Liliana Resinovich può essere ricondotta a un meccanismo asfittico […] e in particolare ad asfissia meccanica esterna, vale a dire per ostruzione delle vie aeree superiori”.
Le lesioni: segni di un’aggressione
Decisive nella ricostruzione della dinamica omicidiaria le lesioni sul corpo, osservate già nel primo esame autoptico e successivamente confermate dall’analisi dei resti ossei e dai vetrini istologici prelevati nella precedente autopsia dell’11 gennaio 2022. Si tratta, come riportato nella perizia, di quattro poli d’urto al capo, incompatibili con una caduta accidentale, e indicativi di una violenta aggressione culminata nel soffocamento.
Le ferite erano presenti sul viso (fronte, lati destro e sinistro), sulla mano destra e forse in altre zone del corpo. Una distribuzione, secondo i periti, “non compatibile con un suicidio” e sufficiente ad avvalorare l’ipotesi di un omicidio.
La morte tra la colazione e le quattro ore successive
Grazie all’analisi del contenuto gastrico, i periti sono riusciti a collocare con alta probabilità l’orario della morte nella mattina del 14 dicembre, entro quattro ore dalla colazione. Le uvette ingerite — alimento che Liliana consumava abitualmente a colazione — apparivano ancora intere e non digerite, segno di una digestione appena iniziata. L’esame ha permesso di superare i limiti imposti dalla mancanza di misurazione della temperatura corporea al momento del ritrovamento del cadavere.
Dalla scomparsa al ritrovamento: una finestra di 4 ore
Liliana Resinovich esce di casa alle 8:30 del 14 dicembre. Viene ripresa alle 8:41 da una telecamera della Scuola Allievi Agenti della Polizia di Stato (con 5 minuti di ritardo sull’orario reale). Poco dopo, un’altra telecamera la inquadra mentre getta la spazzatura. Forse compare anche nelle immagini sgranate di un autobus in Piazzale Gioberti, ma la sua identificazione non è certa. Dopo di ciò, Liliana sparisce per 22 giorni.
Quando il corpo viene ritrovato, indossa gli stessi vestiti del giorno della scomparsa: piumino grigio, jeans, borsa a tracolla. È rannicchiata in posizione fetale dentro due sacchi della spazzatura, ancora con la borsa indossata come nelle immagini delle videocamere. È quindi possibile che sia stata convinta o costretta a salire su un veicolo da qualcuno, e poi condotta nel luogo dove è stata uccisa.
Chi poteva convincerla a salire in macchina?
Liliana era una persona metodica e abitudinaria, difficile che si sia fidata di uno sconosciuto. Le ferite — di media entità — lasciano pensare a un’aggressione inaspettata, che l’ha colta di sorpresa, forse da parte di una persona conosciuta, verso cui non aveva inizialmente atteggiamento difensivo.
Gli accertamenti in corso e i sospetti
Fondamentale sarà l’analisi dei dispositivi elettronici delle persone vicine a Liliana, in particolare del marito Sebastiano Visintin e di Claudio Sterpin, l’amico intimo della donna. Il giudice per le indagini preliminari ha disposto ben 25 punti di verifica, tra cui l’acquisizione forense della GoPro usata da Visintin durante il giro in bici del 14 dicembre.
Proprio su Sebastiano Visintin si concentra l’attenzione. Le sue dichiarazioni sugli spostamenti di quel giorno sono discordanti. In un’intervista disse di essere tornato a casa per pranzo, dopo una pedalata. Agli inquirenti raccontò invece di essere uscito presto per andare in pescheria, poi al laboratorio e infine in bici. Ad altri, ancora, avrebbe detto di essere rientrato in tarda mattinata.
Un dato certo c’è: il suo cellulare si disconnette alle 9:12, dopo aver agganciato la cella del laboratorio, e rimane irraggiungibile fino alle 12:13. Un lasso di tempo che, alla luce della nuova perizia, coincide perfettamente con le ore in cui Liliana potrebbe essere stata uccisa.