Dopo nove mesi di indagini, arriva una svolta drammatica nella morte di Marta Maria Ohryzko, la donna ucraina di 33 anni ritrovata priva di vita in un dirupo il 14 luglio 2024 a Barano d’Ischia, sull’isola nel Golfo di Napoli. Questa mattina, su ordine della Procura di Napoli, i carabinieri della compagnia di Ischia hanno arrestato il compagno della vittima, Ilia Batrakov, cittadino russo di 41 anni, con l’accusa di omicidio doloso pluriaggravato. L’uomo è stato trasferito nel carcere di Poggioreale, a Napoli.
Le violenze già emerse nei primi giorni
Fin dall’inizio delle indagini, era emerso un quadro familiare segnato da episodi di maltrattamenti: Batrakov era già stato fermato nei giorni successivi alla morte della compagna per comportamenti violenti. Le denunce e i primi riscontri investigativi avevano messo in luce un contesto di abusi e aggressioni nei confronti di Marta, confermato successivamente anche da testimonianze e elementi raccolti sul posto.
Marta è stata soffocata: la ricostruzione dei fatti
Le risultanze dell’autopsia e una minuziosa attività investigativa hanno consentito agli inquirenti di ricostruire con precisione la dinamica dei fatti. Secondo quanto accertato, Marta era caduta in un dirupo vicino all’abitazione che condivideva con Batrakov, fratturandosi una caviglia. In quel momento, la 33enne ha iniziato a inviare messaggi disperati al compagno, chiedendogli aiuto. Ma l’uomo ha ignorato tutte le richieste.
La tragedia si è compiuta nelle ore successive. Secondo gli investigatori, nella notte tra il 13 e il 14 luglio, Batrakov sarebbe tornato sul luogo dell’incidente, avrebbe colpito Marta con un pugno all’occhio sinistro e poi l’avrebbe soffocata. Le gravi ferite riscontrate sul volto e i segni compatibili con lo strangolamento sul corpo della donna confermano la ricostruzione della morte come omicidio.
Contestate aggravanti pesanti
A Ilia Batrakov vengono contestate diverse aggravanti: motivi abietti e futili, oltre all’aver approfittato della condizione di vulnerabilità della vittima, impossibilitata a difendersi a causa della ferita alla caviglia e dell’isolamento del luogo. Per la Procura, si tratta di un atto deliberato e crudele.
Una storia di violenze e silenzi
La tragica morte di Marta Ohryzko ha scosso profondamente la comunità locale e ha sollevato ancora una volta il tema della violenza domestica e del silenzio che spesso la accompagna. I segnali c’erano, e le indagini sembrano confermare che la 33enne vivesse in una relazione tossica e violenta, culminata nel gesto estremo. L’inchiesta, guidata dalla Procura di Napoli e condotta dai carabinieri, prosegue ora con nuovi approfondimenti, anche per verificare eventuali responsabilità esterne o reticenze nel contesto in cui la coppia viveva. Marta, che in quel sabato di luglio aveva lottato per la propria vita e chiesto aiuto fino all’ultimo messaggio, oggi ha finalmente un nome per il proprio assassino.