Due inchieste parallele che, pur avendo origini distinte, potrebbero incrociarsi in un unico punto di contatto. La prima indagine, aperta dalla Procura di Brescia, riguarda la tragica morte di una neonata durante il parto avvenuto presso l’ospedale di Desenzano del Garda. La seconda, invece, si sta sviluppando a Trento e riguarda il suicidio di uno dei medici coinvolti nella vicenda, Giuseppe Perticone, 39 anni, sposato. Due eventi drammatici che si sono consumati nell’arco di pochi giorni, tra la fine di gennaio e i primi di febbraio, lasciando dietro di sé una scia di dolore e interrogativi ancora senza risposta.
La morte della neonata e l’inizio delle indagini
Tutto ha inizio il 31 gennaio, quando una donna di origini dell’Europa dell’Est si presenta presso l’ospedale di Desenzano del Garda per dare alla luce il suo bambino. La gravidanza, fino a quel momento, non aveva presentato complicazioni particolari e tutto lasciava presagire un parto senza problemi. Tuttavia, durante il travaglio qualcosa va storto. L’equipe medica, rendendosi conto della difficoltà nel far nascere la piccola, decide di intervenire con la ventosa ostetrica. La procedura, però, non porta i risultati sperati e la neonata viene alla luce in condizioni gravissime, in evidente stato di ipossia. La situazione clinica impone un trasferimento d’urgenza agli Spedali Civili di Brescia, ma nonostante gli sforzi dei sanitari, la piccola non riesce a sopravvivere.
I genitori, sconvolti e alla ricerca di risposte, decidono di presentare denuncia tramite un legale bresciano. La Procura di Brescia, attraverso il sostituto procuratore Benedetta Callea, dispone il sequestro della cartella clinica della madre e della neonata. Come atto dovuto per consentire lo svolgimento delle indagini, viene iscritta nel registro degli indagati l’intera equipe medica coinvolta nel parto: dieci professionisti in tutto. Tra questi, anche il ginecologo Giuseppe Perticone.
Il suicidio del medico e le possibili connessioni
Tre giorni dopo la morte della neonata, il 3 febbraio, la tragedia si ripete sotto un’altra forma. Giuseppe Perticone, uno dei medici che aveva assistito al parto, viene trovato senza vita ai piedi di un ponte in Val di Non, in Trentino. Il medico era scomparso da alcune ore e la moglie, preoccupata, aveva denunciato la sua assenza. Purtroppo, le ricerche si concludono nel peggiore dei modi. Il ginecologo, di origini siciliane ma residente sulle rive del lago di Garda, non ha lasciato alcun messaggio o biglietto che potesse spiegare il suo gesto. Tuttavia, dalle prime analisi del suo cellulare, emerge un dettaglio inquietante: nei giorni precedenti al suicidio, Perticone aveva effettuato ricerche online sui luoghi dove poi ha scelto di togliersi la vita, in particolare sul lago di Santa Giustina, tristemente noto per la scomparsa della ginecologa Sara Pedri.
La Procura di Trento, diretta dall’ex procuratore aggiunto di Brescia, Sandro Raimondi, ha avviato un’indagine per cercare di comprendere cosa abbia potuto spingere un medico esperto e stimato a compiere un gesto così estremo. Gli inquirenti stanno raccogliendo testimonianze da colleghi, amici e familiari per ricostruire lo stato d’animo di Perticone nei giorni successivi alla tragedia di Desenzano. Alcuni colleghi hanno riferito di averlo visto profondamente scosso dopo la morte della neonata, segno di un possibile senso di colpa che potrebbe aver avuto un peso determinante nelle sue decisioni.
Ipotesi e attese delle famiglie
«Se fosse verificata la connessione tra i due casi – spiega l’avvocato Giulio Soldà, legale della famiglia della neonata – anche per la famiglia della piccola sarebbe una tragedia nella tragedia». La questione rimane aperta e complessa: il suicidio di Perticone potrebbe essere stato un gesto dettato dallo stress e dal dolore per la morte della bambina, ma solo gli sviluppi delle indagini potranno fornire risposte certe.
Nel frattempo, l’autopsia sul corpicino della neonata è stata eseguita e i risultati saranno fondamentali per chiarire le cause del decesso. Occorreranno settimane per avere le prime risposte e stabilire se vi siano state eventuali negligenze o se si sia trattato di una tragica fatalità. L’ospedale di Desenzano del Garda, al momento, mantiene il massimo riserbo sulla vicenda. «Rispettiamo le indagini», è l’unico commento rilasciato dall’ufficio stampa della struttura.
Restano tanti interrogativi su due vicende che hanno segnato profondamente le comunità di Brescia e Trento, lasciando dietro di sé un senso di smarrimento e dolore. Solo il tempo e le indagini potranno fare luce su quanto realmente accaduto in quei giorni di fine gennaio e inizio febbraio, nella speranza che le famiglie coinvolte possano trovare un po’ di pace e giustizia.