In una videointervista in diretta su Facebook Selvaggia Lucarelli dà voce a Federico Ciontoli, figlio dell’uomo condannato per l’omicidio di Marco Vannini: gli animi come sempre si dividono. Lo scorso ottobre 2020 la Corte d’Assise d’Appello di Roma ha condannato Antonio Ciontoli a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale per la morte di Marco Vannini. Inflitti 9 anni e 4 mesi anche a sua moglie Maria Pezzillo e ai figli Federico e Martina, condannati per concorso anomalo in omicidio volontario.
Tra qualche mese la Corte di Cassazione tornerà a pronunciarsi sulla vicenda e la condanna per gli imputati potrebbe diventare definitiva: in caso di conferma, per i Ciontoli si aprirebbero le porte del carcere, e non solo per Ciontoli padre ma per tutta la famiglia. Marco Vannini è morto per un colpo di pistola sparato accidentalmente da Antonio Ciontoli. Il ritardo nel chiamare i soccorsi ha infatti determinato l’aggravarsi di una ferita che poteva essere non mortale se l’intervento fosse stato invece immediato. Ecco la difesa di Federico in una lunga videointervista in diretta Facebook con Selvaggia Lucarelli.
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Selvaggia Lucarelli ancora sul caso Vannini
“So che non c’era del male in quello che mio padre ha fatto. Non voleva la morte di Marco, assolutamente. Provo rabbia per lui perché ha commesso errori anche gravi, ma resta il bene che gli voglio perché è sempre mio padre”: così dice Federico Ciontoli riferendosi al papà Antonio. Quanto ai genitori di Marco Vannini, “i media hanno sfruttato la loro sofferenza per la perdita di un figlio per avere più audience e raccontare falsità”. Ma la verità è che “soffro anch’io”. “Per quanto sia dolorosa ascoltarla per la famiglia delle vittime, esiste anche la verità dei colpevoli, ed è giusto conoscerla”, chiosa Selvaggia Lucarelli.
Come sempre il popolo del web si divide. Tantissimi utenti si sono scagliati contro Selvaggia Lucarelli e lo stesso Federico Ciontoli a suon di accuse di parzialità, doppiopesismo e ipocrisia, per non dire di peggio. “Chiediti come sta la mamma di Marco” si legge in uno dei tantissimi commenti. Un altro utente confessa: “Selvaggia ti seguo ma adesso sei pessima”. E un altro ancora denuncia: “Ma cosa vogliono dimostrare??? Lucarelli vergognati…dai spazio ad un assassino acclarato sei un insulto per Marco…infami”. Non è la prima volta che la giornalista difende la famiglia. Un articolo scritto da Selvaggia Lucarelli sul Fatto Quotidiano ha scatenato qualche polemica. L’opinionista Lucarelli, nel suo pezzo, è tornata a parlare del Caso Vannini non risparmiando nessuno. Dalla famiglia Ciontoli al programma Le Iene (che ha seguito la vicenda).
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Il testo della lettera scritta sul Fatto a difesa dei Ciontoli
“Sono cosciente del fatto che il momento storico non permetta di dire nulla di diverso da “I Ciontoli devono bruciare all’inferno” senza essere travolti dalla ferocia del popolo, ma non pratico sport pericolosi nella vita, questa è la mia sfida con l’estremo. E vorrei che fosse chiaro- questa è l’impresa più difficile- che nulla di quello che penso esclude la mia vicinanza a Marina, la mamma del povero Marco. Lei e suo marito vivono una tragedia senza fine, nessuno lo dimentica. Quello che più o meno tutti vogliono dimenticare è che ci sia un’altra tragedia che si svolge parallelamente a quella dei Vannini, ed è quella della famiglia Ciontoli. La sola affermazione è intollerabile. L’idea che se la meritino, impedisce qualunque tipo di ragionamento che includa questioni di diritto e di umanità. La verità è che Marco Vannini è morto, è una vita che è stata spezzata da una scelleratezza cinica, imperdonabile. I Ciontoli sono vivi, tutti quanti, ma in una condizione di morte sociale non troppo distante dalla morte vera. Vivono, ma nel disprezzo e nella riprovazione, appestati, nascosti come topi, giudicati da un tribunale mediatico che non sospende l’udienza da quattro interminabili anni.
Antonio Ciontoli, sua moglie Maria, i figli Federico e Martina sono i protagonisti di uno degli accanimenti mediatici più feroci della storia italiana. E non basta liquidare il tutto con un banale “Hanno ucciso un ragazzo di 20 anni”, perché anche senza voler stilare una classifica delle brutalità, è evidente che siano accaduti fatti più efferati, omicidi pianificati e mattanze atroci, eppure nessuno dei colpevoli è mai stato oggetto di un odio così collettivo, ostinato e brutale come quello riservato alla famiglia Ciontoli. Una famiglia sparpagliata, i cui membri vivono in varie località, tutte segrete, come i testimoni di mafia. Una famiglia minacciata, insultata, perseguitata dall’odio sui social, dalle tv, dai giornali. Impossibilitata anche ad uscire di casa per fare la spesa, perché qualsiasi gesto di normalità è interpretato come un affronto al dolore altrui, alla legge, al tribunale popolare […]”
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