Una vicenda che ha sconvolto in tanti e che getta ombre su quella che si definisce la Milano, bene, quella dei vip. Oggi Giuseppe Guastella per il “Corriere della Sera” racconta una parte dell’orrore che ha dovuto vivere la ragazza. Così scrive Guastella: Di notte si sveglia di soprassalto in preda al panico e con un nodo alla gola. Da quando quaranta giorni fa è fuggita seminuda e in lacrime dall’attico nel centro di Milano dove Alberto Genovese l’aveva seviziata per ore e ore, combatte una battaglia insidiosa con la sua memoria, divisa tra il desiderio di rimuovere ciò che ricorda e l’istinto di capire cose le è accaduto. «Sono distrutta, sto patendo le pene dell’inferno. Stampa, tv e internet parlano di questa storia continuamente. La mia mente fa un passo avanti e uno indietro».
Diciotto anni e mezzo, studentessa e modella, Francesca (nome di fantasia) la fatica maggiore l’ha fatta due giorni dopo la violenza riferendo quel po’ che le era rimasto in mente al pm milanese Rosaria Stagnaro e all’aggiunto Letizia Mannella. La droga che aveva assunto volontariamente in casa, forse mescolata di nascosto da Genovese con quella dello stupro, l’aveva resa incosciente come «una bambola di pezza» nelle mani del suo «aguzzino».
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Ricordava il prima, il dopo e pochi flash dolorosi, che però sono stati registrati fedelmente e nei più crudi dettagli dalle telecamere di sorveglianza installate nell’appartamento. La ragazza non ha la forza di parlare personalmente, non vuole farlo, ma autorizza il suo l’avvocato Luca Procaccini, che la difende col collega Saverio Macrì, a riportare alcune sue parole. Come ha già fatto con la polizia, spiega che prima del 10 ottobre, giorno della violenza, era stata altre due volte nel magnifico attico e super attico del 43enne invitata da conoscenti comuni.
«La prima a giugno, la seconda a settembre, quando ha incontrato Belén Rodriguez e lo chef Carlo Cracco», riferisce l’avvocato. «Proprio per la presenza di personaggi famosi non ho mai percepito il rischio di un pericolo», dice Francesca. E aggiunge: «Sono confusa, mai avrei pensato di andare a una festa e poi vivere un incubo del genere». È la sua risposta a chi, come purtroppo accade spesso nei casi di violenza sessuale, specialmente sui social la «accusa» di essersi voluta cacciare nei guai da sola. «È questo a farla soffrire, oltre alle conseguenze di quello che è accaduto», commenta Procaccini. Francesca non ha motivo per temere qualcosa quando torna per la terza volta a «Terrazza Sentimento». Stavolta, però, niente vip e festa esclusiva per una ventina di persone, la maggior parte ragazze molto giovani.
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Balla serena mentre in sala girano «piatti con della coca e dell’altra sostanza stupefacente chiamata 2CB, messa a disposizione degli invitati. Anche io ne ho assunta spontaneamente», dichiara a verbale. Poi la memoria si offusca: lei stordita in camera da letto con Genovese, la «sensazione che ci fossero altri uomini», le manette e il sangue fino al risveglio il giorno dopo, la fuga e la polizia che la soccorre.
La difesa di Genovese sostiene con l’avvocato Davide Ferrari, che assiste l’imprenditore con il collega Luigi Isolabella, che ci sono ancora «sfumature da arricchire e approfondire con i magistrati» perché «emerge un quadro un po’ diverso da quello tracciato dalla Procura». Francesca ha da poco trovato il coraggio per affrontare un percorso che, per quanto possibile, possa aiutarla a superare il trauma con cure psicologiche e psichiatriche: «Ho paura di tutto e di tutti».
Ad aiutarla ci sono i genitori, una coppia della media borghesia milanese, e i fratelli. «Non sa fino in fondo cosa le è accaduto, ma ogni volta che sente parlare di sé aggiunge una nuova tessera al mosaico anche se non è in grado di capire se questo sia frutto della sua memoria o di una suggestione dovuta al racconto che fa la stampa», spiega l’avvocato Procaccini. Ora è troppo frastornata per pensare al proprio futuro immediato. Intanto, però, ha chiesto ai suoi legali di interrompere il contratto con l’agenzia per la quale lavora come modella.
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