Dramma a scuola, bimbo di 6 anni cade nella tromba delle scale. Nei guai il responsabile
Bimbo di 6 anni precipita nella tromba delle scale a scuola a Milano, alla Pirelli, in via Goffredo da Bussaro. Il piccolo è attualmente ricoverato all’ospedale. Ha subito un trauma cranico. E’ ricoverato all’ospedale Niguarda. Al momento è in sala operatoria e i medici stanno cercando di diminuire la pressione intracranica.
L’incidente è avvenuto alle 9.45. Secondo la prima ricostruzione dei carabinieri, il piccolo avrebbe scavalcato la ringhiera finendo per precipitare nel vuoto.
Il pm di Milano Francesco Ciardi, in vista dell’apertura di un fascicolo per lesioni colpose, ha disposto accertamenti sulla ringhiera e sugli altri presidi antinfortunistici della scuola, dopo che questa mattina un bambino di 5 anni è caduto dal secondo piano nella tromba delle scale della «Pirelli», in via Goffredo da Bussero, a Milano. Secondo una prima ricostruzione, infatti, il piccolo – che è in gravissime condizioni – sarebbe precipitato nel vuoto dopo avere scavalcato la ringhiera.
Responsabilità penale e civile: Gli insegnanti
La legge 71/2017 ha spostato i criteri sui quali parametrare la diligenza della scuola. Oggi non basta più rafforzare la sorveglianza all’interno degli istituti, ma occorre prevedere specifici percorsi formativi ed educativi sui temi del cyberbullismo che devono essere mirati e costanti. Le linee guida del Miur del 27 ottobre 2017 suggeriscono di far conoscere alle famiglie il nuovo regolamento anche attraverso il sito della scuola.
Un ruolo importante è inoltre affidato alla peer education che auspica il coinvolgimento degli studenti e degli ex studenti per facilitare il dialogo tra pari.
Gli insegnanti nella loro autonomia possono vietare l’utilizzo dei cellulari durante le ore di lezione: lo prevede espressamente il Dpr 249 del 24 giugno 1998, dovrebbero ribadirlo anche i regolamenti di istituto.
Il dirigente scolastico
Il dirigente può rispondere civilmente per non aver predisposto tutte le misure organizzative in grado di garantire la sicurezza dell’ambiente scolastico e la disciplina tra gli alunni, si tratta della cosiddetta “culpa in organizzando”. In questi casi, la vittima dovrà dimostrare:
- il danno subito;
- che questo sia derivato dalla condotta del dirigente;
- la carenza o inidoneità delle misure organizzative adottate per assicurare la disciplina degli alunni.
La scuola potrà poi rivalersi anche nei confronti dei singoli insegnanti. Per liberarsi da una eventuale rivalsa l’insegnante dovrà dimostrare che il fatto si è verificato per caso fortuito, che era del tutto imprevedibile e di aver fatto tutto il possibile per evitarlo.
L’obbligo di denuncia
L’insegnante di una scuola pubblica o paritaria è un pubblico ufficiale anche fuori dall’orario scolastico. E anche sul collaboratore scolastico incombono precisi obblighi di vigilanza e gli va riconosciuta la qualifica di incaricato di un pubblico servizio.
Ne deriva che hanno tutti l’obbligo di denunciare alle autorità competenti i fatti di cui siano venuto a conoscenza che costituiscono reati procedibili d’ufficio. In mancanza potrebbero essere chiamati a rispondere del reato di «omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale» o di «omessa denuncia di un incaricato di pubblico servizio».
Le conseguenze sul curriculum
Il cyberbullismo può avere ripercussioni anche sull’intero percorso scolastico degli studenti. Per il Tar di Napoli è legittimo il 7 in condotta alla studentessa che abbia usato frasi offensive in una chat di WhatsApp anche fuori dall’orario scolastico, perché l’articolo 7 del Dpr 509/2009 stabilisce espressamente che la valutazione del comportamento degli alunni passa anche dal «rispetto dei diritti altrui e dalle regole che governano la convivenza civile in generale e la vita scolastica in particolare» (Tar Napoli, sezione IV, sentenza 6508 dell’8 novembre 2018).