Diabete, Studio senza precedenti: farmaco ne ritarda di 2 anni l’esordio
Un farmaco che regola le difese immunitarie – un anticorpo ‘monoclonale’ chiamato Teplizumab – è in grado di posticipare mediamente di due anni in persone ad elevato rischio l’esordio del diabete di tipo 1, una malattia autoimmune che porta alla distruzione delle cellule produttrici di insulina, l’ormone che regola la glicemia. Lo rivela uno studio su persone con elevata predisposizione ad ammalarsi pubblicato sul New England Journal of Medicine e presentato al congresso annuale della American Diabetes Association a San Francisco.
Lo studio è stato condotto da Kevan Herold, della Yale University, a New Haven, per conto di TrialNet, un consorzio di gruppi di ricerca in USA e presso pochi altri centri internazionali, tra cui l’Ospedale San Raffaele di Milano. Il diabete di tipo 1 è una malattia in cui il sistema immunitario del paziente in un certo senso ‘va in tilt’ ed attacca le cellule produttrici di insulina nel pancreas, le cosiddette cellule beta.
In questo modo il paziente resta incapace di regolare autonomamente la glicemia e dipende da iniezioni multiple giornaliere di insulina, con tutto ciò che comporta in termini di qualità di vita, rischio di ipoglicemie e iperglicemie dovute alla difficoltà di eseguire correttamente la terapia, e rischio di complicanze a lungo termine, specie quando la malattia esordisce in età pediatrica.
Il diabete 1 è una malattia complessa che dipende in parte da una predisposizione genetica, e si presenta con maggiore frequenza in alcune aree geografiche come per esempio la Sardegna; ma la causa della malattia resta ignota. In questo studio sono state coinvolte persone a rischio molto elevato di sviluppare il diabete di tipo 1, a causa della familiarità e della presenza nel sangue di ‘autoanticorpi’ specifici contro le cellule beta, autentici marcatori del rischio. In tutto sono state coinvolte 76 persone dagli 8 ai 49 anni.
Per due settimane a metà del campione è stato somministrato il farmaco, che consiste in un anticorpo diretto contro le cellule immunitarie killer che attaccano il pancreas, mentre nell’altra metà è stato somministrato il placebo. Nel corso dello studio, il diabete si è sviluppato nel 72% del gruppo placebo contro il 43% del gruppo che ha assunto il farmaco. In questo gruppo, inoltre, il trattamento si è dimostrato in grado di posticipare l’esordio della malattia mediamente di due anni.
“Questo è il primo studio al mondo nel quale si sia dimostrata la possibilità di modificare l’evoluzione verso il diabete di tipo 1 in soggetti ad elevato rischio, con un ritardo di due anni della progressione verso la malattia conclamata, che comporta la necessità di intraprendere la terapia con insulina” – spiega in un’intervista all’ANSA Emanuele Bosi, Direttore del Centro TrialNet italiano.
“Può sembrare poca cosa, perché non si tratta della prevenzione completa della malattia – prosegue Bosi – ma due anni in meno di diabete di tipo 1 significano due anni di vita guadagnati senza insulina, che sono tanti, specie in bambini e adolescenti”. “Naturalmente – conclude – l’obiettivo finale è la prevenzione permanente della malattia, che viene perseguita da molti anni attraverso collaborazioni scientifiche estese a livello internazionale, come nel caso di TrialNet. Questo studio è il primo risultato concreto di tali enormi sforzi. Naturalmente la ricerca continua”.