“Capace di intendere e volere”. Arriva il risultato della perizia psichiatrica di Alessia Pifferi, la 38enne di Milano accusata di aver ucciso la figlia di 1 anno e mezzo. La piccola Diana è morta di stenti, dopo che la madre l’ha lasciata sola in casa per sei giorni. In quella settimana, la donna era partita con il compagno per un viaggio di piacere.
La perizia è stata firmata dal dottor Elvezio Pirfo, ed è stata depositata oggi dalla Corte d’Assise di Milano. Secondo la perizia Alessia Pifferi è “capace di partecipare coscientemente al processo” e “al momento dei fatti era capace di intendere e di volere”.
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Il perito scrive ancora che “al momento dei fatti ha tutelato i suoi desideri di donna rispetto ai doveri di accudimento materno verso la piccola Diana e ha anche adottato ‘un’intelligenza di condotta’ viste le motivazioni diverse delle proprie scelte date a persone diverse”. Secondo lo psichiatra la donna non ha “disturbi psichiatrici maggiori”, né “gravi disturbi di personalità”. Conclusioni in linea con quanto sostenuto dal pm di Milano Francesco De Tommasi e dal suo consulente. La 38enne rischia la condanna all’ergastolo.
I test in carcere non attendibili
Sulla capacità di intendere della donna si gioca tutto il processo. Nella stessa perizia si legge ancora che “lo studio già eseguito sulle capacità cognitive della Pifferi, comprensivo del monitoraggio e dei colloqui che hanno preceduto la somministrazione del test di Wais, non è del tutto conforme ai protocolli di riferimento e alle buone prassi in materia di somministrazione di test psicodiagnostici e quindi l’esito del predetto accertamento non può essere ritenuto attendibile e compatibile con le caratteristiche mentali e di personalità dell’imputata per come emergono dagli ulteriori atti del procedimento e dall’osservazione peritale”.
Le simulazioni di Pifferi
Secondo gli esperti l’infanzia di Pifferi ha influito molto sulla vita della donna. Una infanzia da di deprivazione affettiva e abusi. All’epoca dell’abbandono della figlia “guardava a sé più come donna che come madre”, e “mai come realizzazione del desiderio materno di aver cura dei propri figli”. I deficit cognitivi “sono simulati”. Non emergono sintomi psicotici ma “tratti disfunzionali della personalità”. Non ci sono disturbi psichiatrici né una disabilità intellettiva.
“Ero il pulcino nero di casa”
“Sono sempre stata il pulcino nero di casa, sacrificata tanto per stare in casa per mamma – dice l’indagata durante i colloqui – con lei non ho mai avuto un buon rapporto”. La donna ricostruisce i litigi anche violenti tra i suoi genitori. A scuola “ero sempre da sola, le bambine giocavano insieme io ero sempre da sola. Sono sempre stata cresciuta con persone anziane”. Durante i colloqui gli esperti le chiedono della nascita di Diana: “Non sapevo di essere incinta. L’ho accettata subito, per me è stata comunque un’emozione, non mi staccavo mai da lei”.