Una mamma è a processo con l’accusa di tortura e barbarie nei confronti di sua figlia, Amandina, morta a 13 anni. Al momento del decesso pesava appena 28 chili. Sandrine Pissarra, di 54 anni, è in attesa della sentenza, che arriverà venerdì 24 gennaio, e non si esclude la possibilità di una condanna all’ergastolo. Anche il compagno è imputato, e rischia 30 anni per non aver salvato la ragazzina da «morte certa». Sembra che le radici dei comportamenti violenti della donna nei confronti della figlia fossero dovuti a un profondo odio nei confronti del padre della 13enne.
Le torture sulla figlia
La 13enne sarebbe stata presa di mira dalla mamma da tempo, sin da quando era appena una bambina: non le veniva dato da mangiare, era continuamente punita e spesso rinchiusa in un ripostiglio sorvegliato da alcune telecamere, come riporta Fanpage. Sandrine Pissarra, una donna descritta dai conoscenti come arrabbiata e violenta, ex cameriera e madre di 8 figli (da 3 diverse relazioni), avrebbe trattato la ragazzina in questo modo a causa dell’odio provato nei confronti del padre, Frédéric Florès, da cui si era separata. Il caso di tortura e maltrattamenti, a processo a Montpellier, ha scosso tutta la Francia.
La situazione è degenerata, in particolare, a partire dal primo lockdown, nel marzo del 2020, quando Amandina ha smesso di andare a scuola. La 13enne è morta per arresto cardiaco, ma il referto pubblicato dopo la morte sottolinea uno stato di magrezza estrema, setticemia, capelli strappati, diversi denti persi e una possibile sindrome da rialimentazione inappropriata.
La difesa della madre sosteneva che la bambina soffrisse di disturbi alimentari. La donna aveva dichiarato che il giorno prima del decesso la 13enne aveva accettato di mandare giù soltanto una zolletta di zucchero, una composta di frutta e una bevanda proteica, per poi vomitare e smettere di respirare.