Tra i porporati radunati in piazza San Pietro, in un pomeriggio segnato da emozione e futuro incerto, si distingue anche una figura venuta da lontano. È il cardinale Soane Patita Paini Mafi, proveniente dalle remote isole Tonga. Con il suo nome quasi impronunciabile, osserva assorto il maxischermo che trasmette le immagini del viaggio della papamobile verso la sepoltura. Con un sorriso, ammette che, in caso venisse scelto proprio lui, non sarebbe facile per molti abituarsi alla sequenza di lettere del suo nome. Ma quando si accenna all’ipotesi di un Papa dall’Oceania, Mafi si lascia andare a una grande risata: «Vengo da una famiglia molto cattolica, ma nel mio Paese siamo una piccola minoranza. Eppure, nel 2015, Francesco ha voluto che entrassi nel Sacro Collegio».
Anche lui, prima di affrontare il lungo viaggio di ritorno — due o tre voli — si chiuderà in Conclave, forse già da lunedì 5 o martedì 6 maggio. I cardinali sono quasi tutti a Roma, gli incontri informali si susseguono e la prossima congregazione è fissata per lunedì. Sulla piazza ormai semivuota si respira un’aria di solennità e attesa. I cardinali sono 220 in tutto; 133 di loro entreranno nella Cappella Sistina per l’elezione del successore di Francesco. Resta però da sciogliere il nodo del cardinale Angelo Becciu, che, decaduto dalle prerogative dei principi della Chiesa, probabilmente non sarà ammesso al voto, come ha sottolineato l’arcivescovo Vincenzo Paglia.
Le esequie sono state un momento di unità globale. Si è ripetuto spesso che molti cardinali non si erano mai incontrati prima, dato che la Chiesa si è estesa fino agli angoli più remoti del mondo: da Tonga alla Mongolia, dove opera Giorgio Marengo. Il funerale di Papa Francesco ha colmato questa distanza, riunendo sulla stessa piazza cardinali giovani e meno giovani. Gli over ottanta, che non potranno votare ma avranno voce nelle congregazioni preparatorie, si sono distinti tra i presenti: Camillo Ruini è arrivato su una sedia a rotelle; Angelo Comastri e Giovanni Lajolo si sono appoggiati al bastone. Gli altri sono giunti insieme, seguendo il feretro del Papa e prendendo posto davanti ai vescovi e ai religiosi.
Sull’altare il decano Giovanni Battista Re ha presieduto il rito, ma a celebrare, simbolicamente, erano in cinquemila: volti di ogni età e colore, l’immagine viva dell’universalità della Chiesa di Roma. Alla fine della cerimonia, i cardinali non hanno accompagnato Francesco a Santa Maria Maggiore. Alla sepoltura ha assistito solo una piccola pattuglia di eminenze: tra loro, oltre al decano Re, il camerlengo Kevin Farrell e il Segretario di Stato Pietro Parolin, uno dei principali candidati alla successione.
Gli altri cardinali andranno a rendere omaggio alla tomba oggi, e, magari, si incroceranno in qualche trattoria nel weekend, tra un piatto di pasta e discrete conversazioni. Le preghiere si intrecciano alle strategie: secondo la dottrina, gli uomini si adoperano, ma è lo Spirito Santo a guidare. Alcuni gesti della giornata non sono passati inosservati: come il momento in cui Parolin si avvicina durante la Messa a Matteo Zuppi, altro papabile italiano, e gli sussurra qualcosa all’orecchio, mentre Zuppi risponde con un sorriso. O ancora, il gesto amichevole del cardinale filippino Luis Antonio Tagle, che posa la mano sulla spalla del congolese Fridolin Ambongo, emergente e voce dell’Africa profonda: un breve scambio che sa di alleanza futura.
Nel pomeriggio, durante una conferenza stampa, il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco di Baviera, ha commentato con realismo: «Il prossimo Papa italiano? È tutto aperto. Deve essere uno che sa comunicare con la gente. È una questione di saper guardare il Vangelo». E conclude con ottimismo: «In ogni caso, secondo me, il Conclave durerà pochi giorni».