Torino: la storia di Alice, l’educatrice e maestra che ha salvato una madre e le sue figlie da un incubo domestico. «Non riuscivo a fermarlo. Ho capito che rischiavano la vita. Le ho detto che le sue figlie avevano bisogno di una mamma. E che, se la mamma viene ammazzata, restano orfane. Alla fine l’ho convinta. Ha detto sì. Così ho preso lei e le sue bambine, le ho caricate in macchina e le ho portate in una casa protetta. Sono ancora con me. Ho capito di aver fatto la cosa giusta quando, durante il viaggio, le piccole mi hanno ringraziato di averle portate via». Alice , 51 anni, educatrice con 30 anni di esperienza, racconta con emozione la notte in cui ha cambiato il destino di una madre e delle sue figlie di 13 e 9 anni.
Un incubo rivelato a scuola
La storia era emersa qualche mese prima, quando la figlia maggiore era svenuta in classe a Torino per la privazione di sonno. Dopo aver ripreso, aveva confidato ad Alice il motivo del suo malessere: «Non riuscivo a dormire. Sentivo il rumore dei coltelli e dei passi di mio padre. Avevo paura che uccidesse mia madre mentre dormiva» . Quelle parole hanno spinto Alice ad approfondire il caso, dando il via a un’inchiesta che ha portato alla condanna del padre.
Alice conosceva già la madre delle ragazze, che aveva incontrato in parrocchia mentre cercava una casa. Tuttavia, non aveva idea della gravità della situazione fino a quando la figlia tredicenne non le ha raccontato tutto. Da quel momento, la madre, ormai sopraffatta, ha chiesto aiuto. «Un giorno mi ha detto: ‘Non ce la faccio più.’ Allora abbiamo attivato il centro antiviolenza» , ha spiegato Alice al quotidiano La Stampa .
Un intervento d’istinto e coraggio
Inizialmente, il compito di Alice era quello di monitorare la situazione , ma la percezione della gravità degli abusi l’ha spinta a intensificare il suo supporto. «Facevo visite non previste dal mio lavoro. La sera passavo con la mia macchina. Lui aveva promesso che se ne sarebbe andato spontaneamente. Non è successo» , racconta.
Poi è arrivata la notte decisiva . In preda a un istinto di protezione, Alice ha deciso di agire. «Sentitivo che avevo la forza di farlo. L’ho capito solo dieci giorni dopo, realizzando cosa avrei potuto rischiare. Lui era incontenibile» . Con grande coraggio, è riuscita a convincere la madre a seguirla, portandola con le figlie in una casa protetta, lontano dal pericolo.
Il peso del trauma e un legame indissolubile
Ora che la madre e le figlie sono al sicuro, Alice non ha intenzione di perdere i contatti con loro. «Ormai c’è un legame» , dadi. La situazione, però, rimane delicata: la figlia maggiore prova ancora un forte senso di colpa per aver denunciato il padre. «Piano piano sta capendo che la denuncia è stata l’unico modo per dare una possibilità anche a lui» , spiega l’educatrice, sottolineando il percorso psicologico che la ragazzina sta affrontando per elaborare quanto accaduto.
Un esempio di dedizione e umanità
La vicenda mette in luce il ruolo fondamentale degli educatori e dei centri antiviolenza nel proteggere le vittime di abusi domestici. Alice, con il suo intervento coraggioso e la sua dedizione, è riuscita a offrire una nuova speranza a una famiglia intrappolata in un incubo. Il suo gesto dimostra che l’empatia e la prontezza d’azione possono fare la differenza, anche nelle situazioni più difficili. «So di aver fatto la cosa giusta» , concludono, consapevoli di aver contribuito a salvare tre vite.