Nardò: maestra di sostegno condannata a 3 anni e mezzo per maltrattamenti su bambini di prima elementare. Un caso che ha sconvolto la comunità di Nardò , in provincia di Lecce, e che continua a dividere l’opinione pubblica. Una maestra di sostegno di 56 anni è stata condannata a tre anni e mezzo di reclusione con l’accusa di maltrattamenti su otto bambini di prima elementare, avvenuti tra novembre 2018 e febbraio 2019. La docente è accusata di aver insultato, picchiato e umiliato i piccoli, costringendoli in alcune occasioni a fare la pipì addosso . La sentenza, emessa dal giudice monocratico Pietro Baffa , ha previsto una pena inferiore rispetto alla richiesta della Procura, che aveva chiesto quattro anni e nove mesi di reclusione . Nonostante la condanna, le colleghe dell’insegnante si sono schierate dalla sua parte, difendendo il suo operato e la sua lunga carriera.
I fatti e le accuse
Secondo l’accusa, coordinata dal sostituto procuratore Maria Rosaria Micucci , la maestra, all’epoca in servizio presso una scuola elementare di Nardò, si sarebbe resa protagonista di una serie di episodi violenti ai danni di un gruppo di otto bambini. Le presunte condotte comprendono parolacce , insulti , schiaffi , urla , strattonamenti e prese per i capelli , con i piccoli alunni costretti a subire o assistere a scene di violenza e intimidazione.
In alcuni casi, il docente avrebbe anche utilizzato oggetti per colpire i bambini e avrebbe minacciato il gruppo, instaurando un clima di terrore in classe. Uno degli episodi più umilianti, secondo l’accusa, è stato il rifiuto di permettere a un bambino di andare in bagno , costringendolo a fare la pipì addosso davanti ai compagni. Questa situazione avrebbe generato nei piccoli una condizione di forte stress emotivo , con conseguenze come enuresi notturna , crisi di pianto , conati di vomito e il rifiuto di andare a scuola .
Le indagini e la sentenza
Le indagini, condotte dai Carabinieri della stazione di Nardò , sono state avviate dopo le denunce dei genitori, che hanno presentato relazioni mediche , certificati di pronto soccorso e fotografie come prove del presunto maltrattamento. Durante le indagini, sono stati ascoltati sia i genitori che i medici che hanno visitato i bambini dopo i presunti episodi.
La maestra, difesa dagli avvocati Massimo Muci e Anna Maria Ciardo , ha sempre respinto le accuse, sostenendo di essere rimasta da sola con i bambini solo in due occasioni e per un tempo troppo breve per compiere le azioni contestate. Tuttavia, queste dichiarazioni non sono bastate a convincere il giudice, che ha emesso una condanna a tre anni e mezzo di carcere. I genitori di tre degli alunni coinvolti saranno risarciti in sede civile.
La difesa e il sostegno delle colleghe
La difesa dell’insegnante attende ora il deposito delle motivazioni della sentenza, previsto entro 15 giorni, per presentare ricorso in appello. Nel frattempo, le colleghe del docente si sono schierate al suo fianco, manifestando solidarietà in una nota ufficiale:
«Sentiamo la necessità morale e deontologica di intervenire in merito. Non intendiamo farlo da un punto di vista giudiziario, che non è di nostra competenza, ma in qualità di insegnanti ed educatori della scuola pubblica italiana. La dedizione ha sempre connotato l’attività della nostra collega, testimoniata da una carriera ultraventennale dedicata agli alunni più fragili. Pertanto, ci sentiamo pienamente solidali con la professoressa, alla quale offriamo tutto il nostro sostegno.»
Un caso che divide la comunità
Il caso ha suscitato grande clamore e diviso la comunità. Da un lato, i genitori delle presunte vittime chiedono giustizia per i traumi subiti dai loro figli, denunciando un ambiente scolastico che avrebbe dovuto garantire protezione e sicurezza. Dall’altro, le colleghe e alcune persone vicine all’insegnante evidenziano la sua lunga carriera e il suo impegno con gli alunni più vulnerabili, ritenendo che la condanna non sia del tutto giustificata.
In attesa del verdetto definitivo, questa vicenda pone l’accento sull’importanza di monitorare le dinamiche all’interno delle scuole, garantendo un ambiente educativo sereno e sicuro per tutti gli alunni. Resta ora da vedere quale sarà l’esito del processo in appello e se emergeranno nuovi elementi in grado di fare ulteriore chiarezza.