Sanità, Addio Al Superticket: Ecco le Regioni in cui non si pagherà più
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 3 maggio 2019 il Decreto 12 febbraio 2019 “Ripartizione del Fondo di 60 milioni di euro per la riduzione della quota fissa per ricetta di prestazioni di specialistica ambulatoriale”, cioè il Decreto di riparto del cosiddetto “fondino” per il graduale superamento del Superticket. Il fondo è stato istituito con Legge di Bilancio 2018, commi 804 e 805, contando su un finanziamento di 60 milioni di euro annui per il periodo 2018-2020.
Il Decreto di riparto approvato e pubblicato in Gazzetta, al quale si è giunti dopo molteplici revisioni e modifiche del testo, è un decreto “più giusto” rispetto alle precedenti versioni proposte dalle Regioni, almeno per 3 buoni motivi.
Il primo. Tra i “visto” del Decreto viene esplicitamente preso atto della necessità di una ripartizione più equa delle risorse del fondo “anche tutelando le regioni con un più alto tasso di incidenza di condizioni di deprivazione sociale”. L’introduzione del concetto di Deprivazione Sociale non è affatto banale e rappresenta un’innovazione che può aprire scenari importanti anche su partite più grosse come quelle del riparto annuale del Fondo Sanitario Nazionale.
Il secondo. Una maggiore equità nell’assegnazione concreta delle risorse rispetto alle precedenti versioni. Infatti, le Regioni del centro-sud vedono aumentare le risorse a disposizione. Solo a titolo di esempio la Campania raddoppia passando da 2,5 mln a 5 mln di euro, la Puglia passa da circa 1,9 mln a 3,5 mln, mentre la Calabria passa da circa 900mila euro a 1,7 mln. Una modifica della ripartizione che sembra rispondere meglio, rispetto alle precedenti bozze del Decreto, alla ratio della norma contenuta in Legge di bilancio 2018 che prevede attraverso l’istituzione del fondo la necessità di “conseguire una maggiore equità e agevolare l’accesso alle prestazioni sanitarie da parte di specifiche categorie di soggetti vulnerabili”.
Il terzo. Non sarà una brutale erogazione a pioggia di soldi alle Regioni, una sorta di “rimborso per le spese sostenute”, con il rischio di un loro potenziale utilizzo per attività diverse da quelle per le quali sono state assegnate. Viene previsto invece di “subordinare l’effettiva erogazione dei finanziamenti alla concreta approvazione da parte delle regioni di misure volte a ridurre l’onere della quota fissa sulle categorie «vulnerabili», comunque nei limiti dell’importo attribuito a ciascuna regione secondo il presente decreto, nel rispetto del principio sancito dal legislatore di conseguire una maggiore equità e di agevolare l’accesso alle prestazioni sanitarie da parte di specifiche categorie di soggetti vulnerabili”. Il tutto sarà verificato dalle Istituzioni centrali. Un nuovo passaggio non scontato, visto che nelle precedenti versioni del Decreto questo “render conto” delle Regioni nei confronti del livello centrale non era previsto. Una metodologia questa che dovrebbe essere applicata anche ad altre fattispecie e che rappresenta in questo caso una garanzia in più per i cittadini per la reale riduzione dei ticket. Una partita che non può essere giocata solo tra i livelli istituzionali, ma al contrario è un terreno che va presidiato anche dalle Associazioni di pazienti e cittadini, che dovrebbero essere coinvolte dalle Regioni nella fase di messa a punto delle misure di riduzione del ticket.
È evidente che la battaglia che rimane da fare è quella dell’abrogazione del Superticket (non solo la sua riduzione) in tutto il Paese. Alcune Regioni infatti si sono già mosse come ad esempio l’Emilia-Romagna che a partire dal 2019 lo ha eliminato per i nuclei familiari con redditi annui fino a 100.000 euro. Nelle Marche invece da giugno non lo pagheranno le persone con reddito Isee inferiore a 10mila euro annui.
La Toscana dal 1aprile 2019 ha abrogato il ticket di 10 euro per la digitalizzazione, pagato per le prestazioni specialistiche di diagnostica per immagini.
Serve quindi un provvedimento da parte del Governo per garantire che l’opportunità di non pagare il Superticket, che oggi hanno ad esempio i cittadini dell’Emilia-Romagna, sia garantita anche ai cittadini di tutte le altre Regioni. In caso contrario le disuguaglianze continueranno ad aumentare.
Il superticket introdotto come misura temporanea nel 2011 oggi è diventato una misura strutturale, vissuta dai cittadini come una vera e propria tassa sulla loro salute e sulle loro tasche, un ostacolo per l’accesso alle cure, nonché una misura che fa male anche alle casse del Servizio Sanitario Nazionale. Ormai il gettito che realmente ne deriva è certificato dallo stesso Decreto di riparto del “fondino” in 413 mln di euro annui, molto al di sotto dall’effetto programmato dalla manovra che lo istituì.
Inoltre, da quando è stato introdotto, stando ai dati della Corte dei Conti contenuti nel “Referto al Parlamento sulla gestione finanziaria dei servizi sanitari regionali” e nel “Rapporto di coordinamento di finanza pubblica 2018”, il gettito annuo per lo Stato da ticket sulle prestazioni sanitarie, in particolare quelli sulle prestazioni di specialistica ambulatoriale, sul pronto Soccorso e su altre prestazioni ad esclusione di quelle farmaceutiche è passato infatti da oltre 1,5 mld di euro del 2012 a poco più di 1,3 mld del 2017. Praticamente un mancato gettito nelle casse dello Stato di circa 200 mln di euro annui rispetto alle entrate del 2012, che qualora rientrassero nella disponibilità del SSN attraverso l’abrogazione del superticket potremmo pensare di utilizzarli per investimenti sul personale sanitario, oggi alle prese con gli effetti di “quota 100” e del blocco del turnover.
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*Portavoce Federazione nazionale Ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI)