Il tribunale del Lavoro di Bologna ha condannato il ministero dell’Istruzione a risarcire i familiari della vittima con una somma pari a 930.258 euro, dopo aver accertato che la docente è morta a causa dell’esposizione al materiale.
La battaglia di Olga Mariasofia D’Emilio è durata quindici lunghissimi anni. Docente di matematica e scienze presso un Istituto superiore nel bolognese, scoprì nel 2002 di essere affetta da mesotelioma, una rara forma tumorale causata dall’esposizione all’amianto, materiale presente nella scuola in cui ha prestato servizio per anni. Nel 2017 la donna è venuta a mancare e, dopo una lunga causa legale, il tribunale del Lavoro di Bologna ha condannato il ministero dell’Istruzione a risarcire i familiari della vittima con una somma pari a 930.258 euro.
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A dare la notizia è stato l’Ona, l’Osservatorio nazionale amianto, sottolineando che si tratta della prima condanna del Miur per la presenza di amianto negli istituti scolastici. Nel caso specifico di Olga Mariosofia D’Emilio, è stato provato che la sostanza fosse largamente diffusa nella scuola, in particolar modo nei laboratori di chimica e fisica, settori di cui la docente era responsabile.
A proseguire la battaglia legale intrapresa dalla docente, sono stati i due figli Andrea e Silvana che, dopo la scomparsa della madre, si sono messi in contatto con l’Osservatorio Nazionale Amianto, l’associazione che si occupa di tutelare cittadini e lavoratori dal rischio amianto. I due hanno lottato a lungo per ottenere giustizia, convinti che la morte di D’Emilio avrebbe potuto essere evitata.
“Il mio sogno è quello di far sì che le sofferenze di mia madre, e della mia famiglia, non si ripetano per altri insegnanti e impiegati nella scuola – ha dichiarato Silvana Valensin, la figlia della vittima – quello del mesotelioma è un flagello e dobbiamo vincere la nostra battaglia contro l’amianto. Mi auguro che si giunga quanto prima alla bonifica di tutte le scuole e di tutti i siti contaminati“.
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