“Un genitore quasi perfetto”: Le punizioni non funzionano, ecco l’alternativa per educare all’autodisciplina
C’è una differenza abissale tra l’acquisire l’autodisciplina attraverso l’identificazione con le persone che si ammirano, ed essere irreggimentati a forza, o addirittura con la violenza. Imporre la disciplina ai bambini tende a essere controproducente, se non addirittura nocivo ai fini che il genitore si propone.
Quanto ai castighi, può darsi che trattengano il bambino dal fare quello che non dovrebbe, ma non gli insegnano l’autodisciplina; per fare questo esistono metodi certamente più efficaci.
Il genitore che, lasciandosi trasportare dalle emozioni suscitate in lui dalla cattiva condotta del figlio, lo punisce, ci penserebbe due volte a farlo e non si sentirebbe più dalla parte della ragione, se invece di camuffare il suo gesto da metodo educativo, ammettesse con se stesso di essersi lasciato trascinare dall’emozione. In caso contrario, riuscirà forse a ingannare se stesso, ma non il figlio.
Quello che i bambini imparano dalle punizioni è che forza e diritto coincidono, quando saranno abbastanza grandi e forti, cercheranno di rifarsi; perciò tanti bambini “puniscono” i loro genitori comportandosi in un modo che sanno li addolora.
Qualsiasi punizione, fisica o psicologica, ci pone contro la persona che l’ha inflitta. E a questo proposito non dobbiamo dimenticare che le ferite psicologiche possono fare più male e durare più a lungo di un dolore fisico. […]
In genere si impara in fretta a evitare le situazioni che ci mettono in condizione di venire puniti: in questo senso si può dire che le punizioni siano efficaci.
Tuttavia, come insegna la storia della criminalità, esse non costituiscono un deterrente adeguato per chi ritiene di poterla fare franca; cioè, il bambino che prima agiva apertamente, ora imparerà a fare le cose di nascosto, e più severamente verrà punito, più diventerà subdolo.
È molto meglio dire a nostro figlio che siamo sicuri che non si sarebbe comportato male se avesse saputo che era male comportarsi così. Il che, tra l’altro, il più delle volte corrisponde a verità.
Se facciamo capire al bambino che, pur disapprovando quello che ha fatto o proibendo quello che vorrebbe fare, siamo certi che non intendeva fare nulla di male, la nostra disponibilità susciterà in lui un’analoga disponibilità a darci ascolto. E anche se le nostre obiezioni non gli fanno piacere, gli farà piacere continuare a meritare la nostra stima, tanto da essere disposto a rinunciare a qualcosa che voleva fare.