Omicidio Vannini: c’è un dettaglio che potrebbe gettare nuove luce sul caso o almeno dare maggiore veridicità alla tesi secondo cui, il capofamiglia Antonio Ciontoli, condannato a 5 anni per l’omicidio di Marco, abbia detto una serie di falsità. Come si sente chiaramente, durante la sua deposizione in appello, l’imputato, suocero della vittima, ha detto che le pistole non le prendeva da 7/8 anni dalla cassaforte di famiglia.
Proprio il giorno dell’omicidio di Marco, però, Antonio Ciontoli aveva deciso di pulire le stesse e quindi le aveva prese dalla cassaforte portandole al piano superiore. Ma in quel momento era stato chiamato dalla moglie e così per la fretta le aveva riposte nella scarpiera del bagno. Venuta sera, secondo il suo racconto, avrebbe deciso di recuperare le pistole, entrando nel bagno dove Marco stavo facendo una doccia. Quando è andato per prenderle, la giovane vittima, avrebbe riconosciuto il borsello e avrebbe insistito per vederle, da qui sarebbe poi avvenuto il “terribile incidente”. Ora la domanda è una: Come poteva Marco riconoscere un borsello che secondo le stesse dichiarazioni di Antonio non avrebbe mai potuto aver visto dato che non frequentava quella casa da più di 3 anni? Un dubbio che potrebbe rendere “fasulla” la testimonianza di Antonio o quantomeno dubbia.
Omicidio Vannini, i Ciontoli fanno ricorso in Cassazione: chiesto sconto di pena
Ricorso in Cassazione per la famiglia Ciontoli. Dopo le condanne in appello per l’omicidio del 20enne Marco Vannini, Antonio Ciontoli capofamiglia condannato a 5 anni per omicidio colposo, la moglie Maria Pezzillo, e i figli Federico e Martina, condannati a tre anni, si appellano al terzo grado di giudizio, chiedendo uno sconto ulteriore di pena.
Un caso quello del giovane ucciso a Ladispoli il 18 maggio 2015 che ha sollevato negli anni pesanti polemiche. In primo grado Ciontoli era stato infatti condannato a 14 anni per omicidio volontario, poi derubricato a colposo in appello, con riduzione di pena a cinque anni.
Vannini, lo ricordiamo, è stato raggiunto da un colpo di arma da fuoco sparato da Antonio Ciontoli, padre della fidanzata del giovane e sottoufficiale della Marina Militare. Il ragazzo, secondo l’accusa, fu lasciato per tre ore agonizzante con la complicità dell’intera famiglia del sottoufficiale e le sue condizioni peggiorarono fino a morire.
Sempre secondo l’accusa, il ventenne si trovava in casa della fidanzata e si stava facendo un bagno nella vasca, quando entrò Ciontoli per prendere da una scarpiera un’arma. Partì un colpo che ferì gravemente il ragazzo. Di lì, secondo l’accusa, sarebbe partito un ritardo ‘consapevole’ nei soccorsi e le condizioni del giovane si sarebbero aggravate, fino a provocarne la morte. La tesi difensiva invece sostiene che dagli imputati non sia stata percepita la gravità del fatto, data anche la scarsa visibilità della ferita e l’imprevedibilità della traiettoria del proiettile nel corpo di Vannini.
La polemica su “Un giorno in Pretura”
Il caso del 20enne ucciso a Ladispoli è stato oggetto dell’ultima puntata di “Un giorno in Pretura” domenica 28 aprile, scatenando diverse polemiche per un post della conduttrice Roberta Petrelluzzi dedicato a Martina Ciontoli. “Ti vogliamo far sapere che siamo assolutamente in disaccordo con questo accanimento mediatico che, non si capisce perché, vorrebbe la vostra morte civile. È un segno dei miseri tempi che stiamo vivendo, dove l’odio e il rancore prendono il sopravvento su qualsiasi altro sentimento. Ci auguriamo che il nostro lavoro riesca a riportare la tragedia vissuta (perché tragedia è) alle sue reali dimensioni”. Pesanti le reazioni degli utenti: “Vergogna, difendete gli assassini”.
Salvini: “Vergogna, non è giustizia”
E sul ricorso dei Ciontoli in Cassazione si è espresso anche il ministro dell’Interno Matteo Salvini su Facebook: “La vita di un ragazzo di vent’anni, ucciso in maniera vigliacca, vale solo cinque anni di carcere? E gli assassini chiedono anche uno sconto… Vergogna. Questa non è ‘giustizia’”.