Sono parole dure quelle che uno dei legali di Massimo Bossetti, l’avvocato Claudio Salvagni, rivolge ai giudici della Corte d’Assise di Bergamo che hanno negato l’accesso ai reperti del processo che hanno portato il muratore di Mapello a una condanna definitiva all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio. In un lungo post condiviso sul proprio profilo Facebook l’avvocato grida l’innocenza del proprio assistito e punta il dito contro “quei giudici, così sordi alle istanze difensive”.
“Massimo Bossetti è innocente – scrive Claudio Salvagni – se mai avessi avuto dei dubbi, ora ne ho la certezza. Il non risultato ottenuto con la nuova pronuncia della Assise di Bergamo è, nuovamente, la dimostrazione della piena innocenza di Bossetti e che è semplicemente, al pari di tanti e tanti altri ingiustamente condannati, vittima di un sistema sordo e cieco. Solo che a Massimo non è data neppure la possibilità di dimostrarlo, mai gli è stata data! Cosa nascondono quei reperti e campioni di così tremendo? Cosa si vuole celare alla difesa? Perché negare pervicacemente qualcosa a cui eravamo già stati autorizzati?”. Il riferimento dell’avvocato alle sentenze della Cassazione che aveva dato ragione ai legali di Bossetti che avevano presentato ricorso rispetto alla decisione della Corte d’Assise sull’istanza presentata per l’accesso ai reperti.
Gli avvocati di Bossetti rischiano l’accusa di calunnia
“Mi domando se sia da Paese civile impedire, sempre e comunque, alla difesa di esaminare l’unica prova che ha portato alla condanna all’ergastolo una persona – continua Salvagni – perché si continua ad esigere che il condannato pieghi la testa ed accetti la condanna che deve scontare pure in silenzio sebbene abbia sempre e soltanto chiesto di potersi realmente difendere?”. E ancora: “Come accettare, poi, che un avvocato possa essere tacciato di calunnia per aver, nell’esercizio del proprio mandato difensivo, “osato” stigmatizzare delle evidenti criticità ed anomalie palesi non solo nella fase esecutiva del processo”, in riferimento alla richiesta del procuratore capo Antonio Chiappani alla Procura di Venezia di effettuare le “opportune valutazioni”, denunciando presunte scorrettezze da parte dei due difensori.
Analizzare i reperti significherebbe ammettere che ci sia stato un errore
“I famosi leggings, gli slip e gli altri reperti… esistono davvero? – chiede provocatoriamente l’avvocato – è stato davvero individuato del DNA su di loro? Io dissi provocatoriamente, durante l’arringa del processo di primo grado, che volevo vedere gli slip con i buchi dovuti ai prelievi di tessuto. Perché la difesa è così, non si fida! Anzi non può e non deve fidarsi, è la sua missione. Ora comincio a dubitare anche della loro esistenza. Io voglio vederli! Devo poterli vedere! Un uomo deve marcire in carcere perché si deve fidare (e con lui la difesa troppo curiosa!) che tutto è stato fatto correttamente?”.
E infine il grido d’innocenza nei confronti di Massimo Bossetti e le accuse ai giudici: “Con la concessione di analizzare i reperti significherebbe ammettere che ci sia stato, nella migliore delle ipotesi, un errore. Costerebbe troppa fatica. Troppe carriere… e quei giudici, poi, così sordi alle istanze difensive… come potrebbero continuare a giudicare? E, allora, meglio sacrificare la vita di un uomo, decretando però la morte della Giustizia e il trionfo del Sistema!”. Entra anche tu nel gruppo ufficiale di Chi l’ha visto