Strage di Erba, Dopo 12 anni di silenzio Rosa Bazzi torna a parlare in tv. Dal carcere di Bollate, la donna si rivolge alle telecamere delle “Iene”. All’inizio dell’intervista ci sono alcune difficoltà: la signora Bazzi, accusata insieme al marito Olindo della strage di Erba, sostiene di “non essere abituata” e di avere problemi a parlare. Dopo alcune domande, la donna inizia a sciogliersi e dichiara: “Non siamo stati noi due. Non hanno svolto bene il lavoro che hanno fatto”, dice riferendosi alla giustizia italiana.
La donna durante l’intervista aggiunge anche una rivelazione choc, sostenendo di aver visto una “presenza sospetta” nella corte di via Diaz: “Noi non siamo saliti”, dichiara Bazzi. “L’ho detto anche ai carabinieri, che quando siamo usciti abbiamo visto un signore, però loro non ci hanno neanche ascoltato. L’abbiamo detto pure al maresciallo Gallorini”, continua Rosa. “Abbiamo visto un signore, con una borsa in mano, un giaccone e un cappello”, conclude la donna.
Storia della strage
La sera dell’11 dicembre 2006, verso le 20:20, in una vecchia corte ristrutturata al numero 25 di via Diaz a Erba, divampa un incendio all’interno di uno degli appartamenti di una delle palazzine che la compongono (condominio del Ghiaccio). Attirati dal fumo, due vicini di casa, dei quali uno è pompiere volontario, entrano per primi nella palazzina salendo le scale verso il primo piano dove è localizzato l’appartamento in fiamme. A ridosso del pianerottolo trovano un uomo ferito (Mario Frigerio), sdraiato con la testa dentro l’appartamento ed il corpo fuori, il quale viene trascinato per le caviglie nel punto più lontano dal fuoco.
La porta dell’abitazione è socchiusa, per cui i soccorritori entrano scoprendo subito il corpo senza vita e in fiamme di una donna (Raffaella Castagna). I primi soccorritori trasportano il corpo della donna, sempre prendendolo per la caviglie, sul pianerottolo, spegnendo le fiamme che lo avvolgono, e cercano quindi di “rinfrancare” il ferito. Dal piano superiore possono udire la richiesta di aiuto di una voce femminile. Mario Frigerio indica a gesti per due volte al soccorritore (avendo gravi ferite al collo che gli impediscono di parlare) che un’altra persona si trova di sopra.
Ma il fumo si fa sempre più denso e questi primi soccorritori devono abbandonare gli ambienti, pur sapendo che Raffaella Castagna ha un bambino e che nell’appartamento di sopra vi è una donna che invoca aiuto. Dopo l’arrivo dei Vigili del Fuoco di Erba che riescono a domare l’incendio, vengono scoperti in totale quattro corpi senza vita e un sopravvissuto, appunto Mario Frigerio, gravemente ferito, che viene trasportato d’urgenza all’Ospedale Sant’Anna di Como dove viene sottoposto a diversi interventi. Si risveglia dall’anestesia due giorni dopo.
Raffaella Castagna, di trent’anni, disoccupata – (ma volontaria in una comunità di assistenza a persone disabili), venne aggredita e colpita ripetutamente con una spranga e morì a causa di una frattura cranica, venne anche accoltellata 12 volte e poi sgozzata; all’interno dell’appartamento, nel corridoio prospiciente la camera del nipote, venne uccisa anche Paola Galli (60 anni), casalinga, madre di Raffaella, colpita da coltellate e sprangate e morta per una frattura cranica; il bambino invece morì dissanguato sul divano, dopo aver ricevuto un unico colpo alla gola che recise l’arteria carotidea.
Nell’appartamento al piano superiore, nel sottotetto, venne invece scoperto il corpo esanime della vicina di casa Valeria Cherubini, cinquantacinquenne moglie di Mario Frigerio, una commessa accorsa al piano inferiore per prestare aiuto in quanto attirata dal fumo che usciva dall’appartamento. Valeria, come il marito sopravvissuto, venne aggredita sulle scale (secondo la tesi accusatoria, ma finita in casa, secondo la tesi difensiva) con un’arma da punta e taglio, gravemente ferita dopo una colluttazione con il suo/suoi aggressore/i (subendo 34 coltellate e 8 sprangate).
All’arrivo dei primi soccorritori la donna era ancora viva e dal piano superiore dove era riuscita faticosamente a trascinarsi lanciò alcune grida di aiuto verso i due vicini che non poterono raggiungerla a causa del fumo. La signora Cherubini morì soffocata dal monossido di carbonio (concentratosi nella parte bassa dell’appartamento del sottotetto), prima che le ferite riportate durante l’aggressione potessero rivelarsi mortali. Nell’appartamento localizzato nel sottotetto e abitato dai coniugi Frigerio, viene scoperto anche il cane di famiglia, ucciso dal monossido di carbonio, secondo quanto stabilito dall’esame effettuato dallo stesso medico legale che effettuò le autopsie sui corpi delle vittime.
Il marito della Cherubini, Mario Frigerio, di 65 anni, venne percosso e accoltellato alla gola, ma riuscì a sopravvivere grazie a una malformazione congenita della carotide che gli impedì di dissanguarsi completamente. I rilievi evidenziarono che gli aggressori erano stati due, uno dei quali mancino, armati di due coltelli a lama corta e lunga, nonché di una spranga.